sabato 2 luglio 2016

RESTARE DI GESSO IN ROMAGNA


Nicoletta Martelletto Il giornale di Vicenza. - Sulla vena del gesso, che fu per secoli la ricchezza della Romagna senza mare, è l'architettura militare a segnare con tre colli la presenza del borgo di Brisighella. Una doppia torre – una risalente alla famiglia Manfredi, una alla dominazione veneziana – sopra il centro abitato racconta di un passato bellico in cui si fronteggiarono i signori di Faenza con la Serenissima e quindi lo Stato Pontificio. Brisighella deve il suo nome forse al toponimo celtico brix, ovvero zona scoscesa, oppure al dialettale brisul, briciola di terra coltivata. Quale che sia l'origine questo comune di 7.700 abitanti - è Città slow, Bandiera arancione del Touring e punta di diamante dei Borghi più belli d'Italia - oggi è una terra dove la pace è sovrana e ci si sente a casa, come in pochi luoghi è dato sperimentare. Basta sedersi ad un caffè o davanti alla piadineria di turno e non ci sarà passante che risparmierà il saluto. Davide Missiroli, giovane sindaco al secondo mandato, ne fa una questione di storia e di clima: «Un territorio intatto, dove l'agricoltura è un sentimento che produce vino e olio di qualità, grazie al rilascio del calore dal gesso anche nei mesi freddi. Qui il turismo è una esperienza, non una toccata e fuga. Qui tutti sono abitanti e volontari insieme, in qualche associazione o nella Pro loco». Il sistema di promozione vede già Brisighella 2.0, e non c'è week end da Pasqua a novembre dove non ci sia una manifestazione: dagli angoli romantici del paese dove prenotare la cena a lume di candela alla festa della Mora romagnola, un suino specialissimo e autoctono, fino ai calici di stelle, alla cicloturistiche e ai trail sulle colline. Sulla via Faenza-Firenze transita anche la littorina che fatalmente suggerisce l'omaggio a Dante, nato in Arno e morto esule a Ravenna. Nel marchio “Terre di Brisighella” ci hano fatto rientrare il meglio della tavola prodotto qui: i bianchi La Rocca, Picatrix, Monticino, il passito Ambra che è l'Albana di Romagna, un paio di sangionvese e poi l'aceto, sei olii extravergine tra cui il cru Brisighella, lieve e profumato, che si paga a peso d'oro. E poi la pera volpina, il tartufo della Valle del Lamone, il carciofo moretto. Le iniziative sono singolari, come quella di proiettare all'aperto i film con pellicola a 35 mm e rievocare il 20 agosto con la Frusta d'oro il mestiere degli s'ciucaren, a ritmo di liscio. Erano i conduttori d'asino che sono un pezzo di storia a Brighella: governavano l'andrivieni degli animali da soma dalle cave di gesso alla città, per caricare i cristalli ricavati dalla vena di solfato di calcio lunga 25 km, utilizzata già al tempo dei romani. L'antica via degli asini sopra il Borgo testimonia


proprio di case a tre piani con una via sopraelevata unica al mondo che era baluardo di difesa ma anche casa-stalla, riscaldata dal basso grazie agli animali. Si percorre, nonostante sia sconnessa, ancora oggi, in un circuito che dal centro porta all'ufficio informazioni sotto il municipio, alla cooperativa per gli assaggi e quindi alla Torre ottocentesca dell'orologio e da qui con una stradina bianca fino alla Rocca. Aperta nei week end ma anche nelle mattinate feriali, è un castello animato di emozioni:la voce narrante di Dioniso Naldi, capitano brisighellese del 1500, ripercorre la storia degli assalti lungo la via del sale, con scoppi di proiettili e rumori di lame a duello. Il museo su tre piani raccoglie i reperti trovati nei dintorni dalla preistoria al rinascimento, fino a proporre arredi d'epoca e una modernissima tv che rilancia la storia del museo geologico all'aperto. Lo si può percorrere all'ex cava Monticino, anche con visite guidate; oppure in due giorni si può fare a piedi il tragitto Tossignano-Marradi sull'Alta Via del gesso, parco regionale che si estende su sei comuni.www.terredifaenza.it;www.brisighella.org.
E' curioso tutto a Brisighella, la ricettività è familiare, compreso il locale di Elena Bianchi e Antonella Dozzi, Framboise, aperto 4 anni fa,sempre pieno: una cucina romagnola moderna ma che sa di pasta callosa tirata a mano e profumi di erbe. Oppure la sera, può capitare di essere invitati al concerto di classica nella cava Marana o di seguire le note di Cisco, ex Modena Ramblers, sul canzoniere partigiano. Brisighella è ad un tiro di schioppo da Forlì e Faenza, fuori dal pazza folla della Riviera, ma anche da Riolo, uno dei centri delle Terme di Romagna che sta emergendo per mole di investimenti e sforzi di ammodernamento. Nate nel 1870, le Terme hanno una fascino ottocentesco ben coltivato oggi da una società – www.termediriolo.it – che accanto alle terapie sanitarie convenzionate (trattamenti vascolari, articolari, salsobromoiodici) ha aperto un centro benessere con piscine e idromassaggi, e rinnovato i tre hotel a partire dal Grand Hotel Terme di Riolo, immerso in un parco di 12 ettari, con iperico piantato dovunque, sequoie e cedri del libano di oltre un secolo. Ci veniva lord Byron, ci passava le acque il gastronomo Pellegrino Artusi; curava qui le sue corde vocali il soprano Claudia Muzio. Un affioramento di polle risorgive dalla vena del gesso – dove la pioggia mineralizza e la vena filtra per 30 anni – già nel 1548 documentò gli effetti terapeutici dell'acqua di Riolo, dove le cure sono divise per età – dai bambini ai centenari – e per patologia. Lo stabilimento funziona otto mesi l'anno, è frequentato anche da agonisti italiani in cerca di tranquillità e riabilitazione in mani esperte. All'esterno la mescita dei bicchieri e la musica all'aperitivo; in cucina Ciro Adamo, chef campano, garantisce diete personalizzate quotidiane ma deliziose: «Non si deve soffire, qui si deve stare solo bene» è il suo motto.
Nicoletta Martelletto

Nessun commento:

Posta un commento