domenica 18 novembre 2012

TROPPI UNGULATI IN COLLINA


CON LA LEGGE IN VIGORE “CHI LA FA DA PADRONE SONO I CACCIATORI RISPETTO AGLI AGRICOLTORI E QUESTO CONCETTO VA RIBALTATO.
Non si possono uccidere gli ungulati! Chi lo dice se li porti a casa, dia loro da mangiare e verifichi quanto gli costa”.  Non ci gira troppo attorno Raffaella Zanni, presidente della Confederazione italiana agricoltori (Cia) di Bologna, nel denunciare la situazione “ormai insostenibile” provocata dalla presenza di ungulati in collina e in montagna. Secondo i censimenti ufficiali del 2012 si parla di 18.716 caprioli, tra gli 8mila ed i 10mila cinghiali, 1.575 cervi e 1.186 daini: circa 35mila animali di grossa taglia ma, precisa la Cia, la cifra reale senz’altro superiore a 40mila (perché i censimenti vengono effettuati su circa il 70% del territorio). Un vero e proprio “ciclone”, denuncia la Cia cogliendo l’occasione della scadenza del Piano faunistico-venatorio della Provincia di Bologna: se la legge prevede 2,4 capi per ettaro, in alcune zone della provincia si arriva fino a 18. I danni ai raccolti si traducono, per le aziende agricole, in una perdita del 20% sulla produzione lorda vendibile (oltre all’aumento di parassiti, che minaccia la salute pubblica). “Sul territorio o ci restano gli animali o ci restano gli agricoltori" avverte Zanni, sottolineando che "non possiamo permetterci che queste aziende chiudano”.Sia per il lavoro degli agricoltori sia per la manutenzione del territorio: “Se poi la montagna viene giù è un problema”, mette in chiaro Zanni. Per far fronte a tutto questo serve un cambiamento radicale, a cominciare dalla legge


nazionale: con quella in vigore “chi la fa da padrone sono i cacciatori rispetto agli agricoltori e questo concetto va ribaltato”, afferma Giorgio Vitali, responsabile del gruppo Ambiente e fauna della Cia. 
Intanto però bisogna aumentare il risarcimento danni, oggi si attesta al 50%. “Di fatto gli agricoltori allevano la selvaggina e devono avere un riconoscimento”, commenta Vitali. Per la Cia, la Regione dovrebbe innanzitutto aumentare la tassa di concessione per le licenze di caccia: ”Siamo fermi ai 67 euro - spiega Vitali - di 20 anni fa”. Aumentandola di soli dieci euro, ci sarebbero risorse “per risarcire il 100% dei danni” subiti dagli agricoltori, assicura Vitali. Inoltre, bisogna modificare la legge regionale che concede il risarcimento solo alle aziende iscritte alla Camera di commercio e con partita Iva: esistono ancora “ma sono sempre di meno” rispetto al totale, spiega Vitali. 
Un’altra misura utile, inoltre, consisterebbe nel consentire agli agricoltori di tenere per sé almeno qualche animale abbattuto per autodifesa: oggi, infatti, gli agricoltori sono obbligati a portare i capi ad un macello pubblico e pagare per tenere la carne. La Cia, infine, propone di far ruotare le circa 40 squadre di “cinghialai” tra i diversi territori di caccia, altrimenti si creano situazione di “rendita” che le portano a preservare il “capitale” di caccia: così “i cacciatori continuano a divertirsi spesso sulle spalle del mondo agricolo”, manda a dire Vitali. Meno utili le recinzioni: intralciano il lavoro e servono a poco, perché gli animali le scavalcano. Da RomagnaNoi 

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