mercoledì 6 marzo 2013

1463 – 550 ANNI FA- BRISIGHELLA GRAVE PESTILENZA.



1463 Grave Pestilenza. Il Visconte della  vallata fugge da Brisighella e si rifugia a San Ruffillo. Passato il flagello, a Fognano viene ricostruita la chiesa come era stato promesso con voto solenne.
LA CHIESA DI SAN PIETRO IN FOGNANO Nella sagrestia è tuttora conservata una lapide con iscrizione del 1464 dove si ricorda che la vecchia chiesa era a due navate, con due volte: una grande ed una più piccola. L’iscrizione ricorda inoltre come essa fosse edificata “ex voto” pubblico per la scampata peste del secolo XIV°. Venne dichiarata arcipretale dal decreto del Cardinale Carlo Rossetti, Vescovo di Faenza nell’anno 1650.  Nel 1573 Monsignor Marchesini, Visitatore Apostolico della diocesi di Faenza, ci dice che aveva sette altari ed era dedicata da sempre all’Apostolo Pietro. Passarono i tempi ed essa, anche per la non felice ubicazione, diventò sempre più labente. Si dovrà arrivare però all’anno 1814 quando don Giacomo Ciani (1770-1843), originario della vicina frazione di Rontana, verrà nominato Arciprete di Fognano. Suo primo pensiero sarà quello di porre in atto la costruzione di una nuova chiesa. Nel 1816 darà l’incarico all’architetto faentino Pietro Tomba (1774-1846) e l’edificio sacro, nel breve volgere di due anni, sarà edificato, benedetto e aperto al culto. E’ a tre navate, a croce latina, è lunga venticinque metri e larga dodici. L’altare maggiore è di preziosi marmi con artistico tabernacolo realizzato dal romano Augusto Ranucci nel 1865. Sull’altare maggiore una splendida opera del pittore faentino Gaspare Mattioli, eseguita nel 1853, che rappresenta Cristo che consegna le chiavi a San Pietro sulla riva del fiume Lamone. Nello sfondo dell’opera la Rocca e la Torre di Brisighella. Di recente, nel presbiterio, è stato realizzato un secondo altare rivolto verso il popolo, come richiesto dall’odierna liturgia. Detto altare è ornato da ceramiche di pregevole fattura della bottega d’arte Bartoli-Cornacchia di Brisighella. Da rilevare a destra entrando, l’altare di scagliola policroma dedicato a San Pietro in Vincoli (tela del Mattioli), un secondo altare è dedicato alla Vergine delle Grazie, venerata dal popolo fognanese, un terzo è dedicato alla Madonna Immacolata. Alla sinistra entrando, si nota un battistero in ceramica, opera del noto artista faentino Carlo Zauli, sopra, una grande tela che raffigura il battesimo di Gesù, opera del noto pittore fognanese Elvio Cornacchia (1927-1975). Sempre a sinistra entrando, un altare con l’immagine di un miracoloso crocifisso (traslato da un vicino oratorio) del secolo XVIII°. I fognanesi, da secoli, chiamano questa artistica immagine di Cristo morente “è morè” (il moro); questo perché la scultura (secolo XVIII°) è scura nel suo insieme di colore. Altro altare è dedicato al Cuore di Gesù. “Dai dla corda “Paciaraza” che e Morè l’è té pont …” (suona Paciaraza (soprannome) che la processione è nel ponte). Questo detto circolava per ricordare al  campanaro di suonare a festa e con intensità le campane, allorché la processione del venerdì santo, con l’immagine del Cristo, dopo il tradizionale percorso attraverso il paese, ritornava e giungeva al ponte, in prossimità della chiesa parrocchiale. Piero Malpezzi

SAN RUFILLO L’attuale chiesa dedicata a San Ruffillo si trova sulla strada Firenze – Faenza in valle del Lamone, a poco più di due chilometri da Brisighella in una zona agricola ben coltivata e abitata da attivi agricoltori. Anticamente questa chiesa viene ricordata come “San Ruffillo in plebato Auri” (nella pieve della Pideura, cioè dipendente da questa antica Pieve). San Ruffillo viene menzionato per la prima volta nell’anno 1280 a proposito di un lascito testamentario: un certo prete Bono del luogo, che riceve, per testamento, da un parente di nome Vescovello, dieci tornature di terre con l’obbligo di celebrare annualmente messe in suffragio della sua anima. Il venti maggio 1573 don Barnaba Nicolino visita la chiesa in nome del Visitatore Ascanio Marchesini e trova il tutto conforme a quanto richiesto dai sacri canoni. Il suggestivo campanile, a fianco dell’edificio, venne costruito nell’anno 1470-1500. Purtroppo i restauri effettuati non molti anni or sono, dall’ingegner Annibale Metelli, hanno deteriorato la struttura, togliendole quella parte storico-artistica originaria e molto valida (solo la base sembra sia stata rispettata). La chiesa attuale è di costruzione settecentesca con interno armonico e ben ordinato ad una sola navata. Vari altari, fra cui il maggiore con una tela rappresentante il Santo titolare della chiesa (secolo XVIII°). Nell’altare, a destra entrando, viene conservata una terracotta policroma, rappresentante la Madonna, scuola toscana del XV° secolo, che proviene dal soppresso “Hospitale di Ponte Lungo” che un tempo aveva rilevante importanza per malati e pellegrini.  Sappiamo che molte funzioni si svolgevano nell’annesso oratorio. Esso era diretto da due amministratori, scelti ogni anno. Non si conosce la data di fondazione, né la storia, mancando memoria storica scritta. L’ospedale, uno dei tanti della Valle del Lamone, aveva tre letti, era dotato di buoni fondi ed ospitava malati e pellegrini. Venne soppresso negli anni 1797-1798 da Napoleone I° ed i suoi beni assegnati alla Congregazione di Carità di Brisighella, con l’obbligo di mantenere alcuni malati poveri della comunità parrocchiale. Nella parrocchia di San Ruffillo esistevano  anche altri vari oratori: di Santa Cecilia (fondo “Cornacchia”) esistente fino al 1777; di Sant’Antonio da Padova (nel fondo detto “Casa dei Resti”); poi quello dei Conti Ricciarelli, ancora oggi esistente. Infine viene ricordato l’oratorio di San Gaetano (case Bruciate), non più esistente e, in “Casa Rimessa” di proprietà un tempo di monsignor Filippo Diletti (1831-1898), ex arciprete di Cotignola, un oratorio che esiste ancora. Nell’attiguo cimitero della parrocchia, nella tomba dei parroci, è sepolto don Antonio Lanzoni, (1971–1944) che ha guidato la vicina chiesa parrocchiale di San Martino di Montecchio (oggi soppressa) per ben quarantasei anni. Un generoso sacerdote che è vissuto e morto povero, aiutando tutti senza alcuna distinzione, secondo la legge del Vangelo. Piero Malpezzi


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