La Romagna è patria di ornitologi,
non fosse altro che per la passione venatoria molto diffusa, ma la Vena del gesso non è
mai stata oggetto di particolari studi o ricerche del tipo. Eppure sul suo
territorio sono attualmente note 132 specie, di cui 92 nidificanti, 65
invernali, tra stanziali e svernanti, e 127 di passo. La Vena da qualche tempo
è monitorata per la classificazione delle specie, in particolare nel
periodo della nidificazione. Quest’anno due nuove acquisizioni sono state
osservate dal brisighellese Maurizio Samorì nella zona Monte Tondo – Borgo dei
Crivellari, dove una coppia di corriere piccolo e di airone cenerino,
sebbene specie prettamente acquatiche, hanno trovato a fianco del fiume Senio
un habitat ideale per la riproduzione.
Sulla Vena ambienti differenti e aree a naturalità
piuttosto elevata, ad appena 300-400 metri d’altezza e in un’area tutto sommato
ristretta, evidenziano in questa straordinaria formazione di selenite
un’interessante ricchezza soprattutto per le diversità di specie.
Sull’argomento ornitologico, è uscito di recente un quaderno naturalistico Ali sui gessi (Carta Bianca editore Faenza),
promosso dal Centro culturale “M.Guaducci” di Zattaglia. La ricerca sugli
uccelli diurni del Parco è stata curata da Massimiliano Costa dell’Ufficio
Parchi della Provincia di Ravenna e analizza nel dettaglio gli ambienti degli
uccelli nella Vena del gesso romagnola, soffermandosi sulle abitudini di ogni
specie, indicandone poi piumaggio, canto, volo e cibo.
Tra le 130 specie presenti nel Parco, 26 sono
protette: rapaci diurni e notturni, picchi e ghiandaia marina. Nei boschi e
castagneti del versante nord sono presenti falco lodolaio, assiolo, gufo
comune, allocco e falco pecchiaiolo (di recente acquisizione), mentre sui
calanchi nidificano 4-6 coppie di albanella minore e nei boschi 8-10 coppie di
sparviere.
Poiana e gheppio sono i
rapaci più facili da osservare, altrettanto durante le migrazioni il biancone a
Monte Mauro e sui calanchi di Brisighella. Coppie di falco pellegrino
nidificano nella zona di Tossignano e una vicino a Zattaglia.
Per la starna il Parco ha in corso un progetto di
ripopolamento. Il re di quaglie sosta a nord e a sud della Vena e l’assiolo sui
calanchi meridionali. Presente una coppia unica di gufo reale, simbolo del
parco, mentre regina dei calanchi è considerata l’elegante albanella minore.
Durante il passo si può osservare il rondone maggiore e più raramente la
ghiandaia marina. Dagli anni 90 è ben distribuito il succiacapre, mentre la
rondine montana nidifica nella cava di Monte Tondo e nella rupe di Sasso
Letroso.
Pochissime le coppie di calandro, più diffuso il
codirosso spazzacamino, presente sulla rupe del Museo geologico del Monticino.
È in aumento invece la sterpazzolina, ma in calo l’occhiocotto.
Segnalati l’anno scorso, un esemplare di bigia
rossa e di magnanina, specie rara e minacciata in Europa. Facile da osservare,
il fiorrancino, tipico il picchio muraiolo, più rari il rampichino e l’averla
piccola.
Elementi di valore sono anche nelle aree agricole
dove, alle specie che si rinvengono normalmente in tutte le altre zone
collinari appenniniche, si trovano turdidi e uccelli di macchia, interessanti
passeriformi come la tottavilla, uniformemente distribuita, o i variopinti
fringillidi come cardellino, verzellino e fanello.
Fino alla fine del secolo scorso era presente
anche l’averla capirossa, diminuita già dalla metà degli anni 90 fino alla
completa estinzione per cause tuttora ignote; altrettanto per l’ortolano un
tempo piuttosto comune e il topino. Come nidificanti sono estinti culbianco,
codirossone e passero solitario. Anche fiumi e torrenti della Vena mostrano
specie di riguardo, e dove fino a qualche decennio era diffuso anche il
corriere piccolo, oggi purtroppo estinto da tutta la collina romagnola, ma
felicemente ritrovato quest’anno nell’areale del Parco. Nomi comuni si
sommano poi ad altri meno noti come porciglione e migliarino di palude,
cormorano e nitticora. Margherita
Rondinini
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