Pier Paolo Pasolini e Baldi
Giagianvittorio
FESTIVAL VENEZIA Onori a Baldi Il 31 agosto al
Festival di Venezia è stata proiettata la copia, mirabilmente restaurata, del
film di Pier Paolo Pasolini “Porcile”. La sala era colma al si là di ogni
aspettativa e il film è stato seguito con grande interesse dal pubblico
presente. L’opera di Pasolini è stata prodotta da Gian Vittorio Baldi che
ricevette alla fine del ’67 una paginetta da Pasolini che conteneva il soggetto
del film e l’indicazione dei suoi contenuti. Pasolini aveva da poco pubblicato
un manifesto sul teatro in cui sosteneva la massima importanza della parola
sull’azione. Il film è un film sulla diversità e Pasolini sosteneva l’importanza
di chiarire il significato del diverso, in una società che fa della normalità
una specie di teologia. Gian Vittorio Baldi nella sua vita di provocatore e di
ricercatore ha incontrato grandi personalità come Jorge Luis Borges e Gabriel
Garcia Marquez e Carl Theodor Dreyer, ma afferma che il rapporto più lineare,
attento e corretto in qualità di produttore l’ha avuto con Pasolini per i due
film che di lui ha prodotto. Un terzo “Il San Paolo” rimase, anche dopo i
sopralluoghi in America, solamente come progetto. La Cineteca di Bologna
ripresenta la copia restaurata al Cinema Lumiere. Gian Vittorio Baldi sostiene
che è anche un film sulla morte e che profeticamente preannuncia la fine del
suo autore. Penso che sia un segnale autentico ma fa riflettere anche sul
destino dei geni precoci. Essi compaiono all’improvviso e sbocciano, ma poi i
loro colori troppo sgargianti offuscano le mezze calzette, i lecchini, gli
incompetenti. In un mondo come quello italiano pervaso di una scuola
dell’obbedienza che risale al medioevo e che ha trovato nella più oscurantista
chiesa cattolica la sua espressione, almeno fino al Concilio Vaticano II, è già
tanto che ai cineasti di opposizione e di cultura alternativa sia stato
comunque concesso uno spazio. Certo quando le esequie saranno celebrate si
alzeranno i cori osannanti di critici improvvisati, di queruli testimoni mai
conosciuti. E’ stato così anche per i grandi. Questo è un Paese irriconoscente
verso i suoi talenti migliori. Troppi servi, troppi paurosi, troppi finti umili.
Ecco perchè le culture mafiose: criminali, di partito o religiose sono il
collante dell’anima dei più. Solo il genio solitario vi sa sfuggire. Arturo
Biondi Corriere di Romagna
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