SE IN ITALIA PIANORI E’ UN “PERFETTO” SCONOSCIUTO BEM DIVERSA LA
VALUTAZIONE CHE A LUI VIENE DATA DAGLI STORICI STRANIERI SECONDO I QUALI IL SUO
GESTO TEMERARIO EBBE ALLORA CONSEGUENZE POLTICHE INTERNAZIONAL IMPREVEDIBILI:
TALI DA CAMBIARE IL CORSO DELLA STORIA.
Giovanni Pianori detto il
Brisighellino nacque il 16 agosto 1823 a S. Martino in Poggio, comune di Brisighella. I suoi
genitori ebbero 15 figli. Parte della numerosa famiglia si trasferì a Faenza
dove era più facile imparare un
mestiere: chi il sarto come Alessio, chi il calzolaio come Giovanni e Senesio i
quali furono “messi a bottega” presso Sante Padovani: uomo integerrimo e
profondamente religioso.
Il 16 gennaio 1845, Giovanni sposò la figlia di quest’ultimo,
Virginia. Il 3 maggio 1847 egli
divenne padre di una bambina, Angela. Il Brisighellino a Faenza si schierò ben
presto con coloro che condividevano gli ideali risorgimentali così come
venivano riassunti da Giuseppe Mazzini (“Dio
e Popolo, Pensiero ed Azione”) e predicati in città pure dal sacerdote
barnabita Padre Ugo Bassi. Dall’altra parte della “barricata” c’erano i
cosiddetti Sanfedisti e Centurioni che difendevano le ragioni dei Papi di
allora convinti che senza lo Stato Pontificio non ci sarebbe stata libertà per
la Chiesa. Allo scoppio della Prima Guerra di Indipendenza nel 1848, Pianori
partì volontario nel Battaglione comandato dal Conte Raffaele Pasi; l’anno successivo, a Roma, egli combattè con Garibaldi alla difesa della
Repubblica Romana di cui Giuseppe Mazzini era l’animatore. Di fronte
all’intervento dell’Esercito Francese inviato da Luigi Napoleone Bonaparte ogni resistenza risultò vana. Coloro che non persero la vita, al loro
ritorno a casa, furono perseguitati e costretti a rifugiarsi all’estero
abbandonando famiglia e lavoro.
Anche Giovanni andò “ramingo” in Piemonte, in
Corsica, a Marsiglia, a Parigi, a Londra… L’Imperatore dei Francesi era, in quegli
anni, considerato da tutti gli esuli un
traditore ed il responsabile primo di tutte le loro disgrazie. Per i Romagnoli,
oltre che traditore, egli era un “voltagabbana” In effetti, Luigi Napoleone, da
giovane esiliato in Italia, aveva
attivamente partecipato ai moti
carbonari del 1831 e, nel 1848, era stato eletto Presidente della Repubblica Francese da lui,
poi, ugualmente tradita con il suo Colpo
di Stato del 1851. Secondo Mazzini, mettere fine ad una tale tirannia sarebbe
stato un atto morale, di giustizia, e considerato eroe chi fosse riuscito a compierlo. Il
Brisighellino, nella primavera del 1855, si fece così strumento di un piano
ideato dall’esule genovese secondo il
quale la scomparsa fisica di Napoleone III sarebbe stata la scintilla per un
moto europeo che avrebbe “portato” all’Unità d’Italia (gli eserciti stranieri
erano impegnati nella Guerra di Crimea e nulla avrebbero potuto fare per
ostacolare la nostra Indipendenza). Sabato
28 aprile Pianori sparò due colpi di pistola (andati a vuoto) contro
l’Imperatore che, a cavallo, percorreva
i Campi Elisi. Immediatamente arrestato, Giovanni dichiarò subito la sua vera
identità rifiutandosi però di fornire i nomi dei complici (nonostante lo
avessero posto davanti ad un plotone di esecuzione nel tentativo di farlo
parlare). Lunedì 7 maggio, il Brisighellino subì uno sbrigativo, sommario
processo al termine del quale fu
condannato a morte mediante
ghigliottina. La sera di domenica 13 maggio, Pianori fu trasferito nella
prigione della Roquette per esservi
decapitato all’indomani all’alba. Durante
la notte, varie Autorità di Governo gli promisero salva la vita se finalmente
si fosse deciso a fare il nome dei complici: in particolare quello di Mazzini.
Pianori non
tradì nessuno; si limitò a dire: “Saprò
morire”. Quando
fu in cima al patibolo, egli gridò forte
“Viva la Repubblica, Viva
l’Italia”. Mazzini rese omaggio al
sacrificio del patriota Pianori con parole che egli non aveva mai usato verso
nessuno: il Brisighellino - secondo lui - era stato il vero patriota “capace di osare e morire” per la Libertà
e l’Indipendenza del nostro Paese. Anche i sette fratelli di Giovanni (Senesio,
Alessio, Olinto, Giuseppe, Pompeo, Ireneo, Attilio) furono animati dallo stesso
“amor di Patria ” e soffrirono persecuzioni di ogni genere: la calunnia, il
licenziamento in tronco, il carcere, l’esilio…;
due di loro conobbero perfino l’inferno della Cayenna ove furono
deportati senza processo alcuno. Il libro di Enzio Strada (“Osare e morire” : Giovanni Pianori detto il Brisighellino e la sua famiglia”, Carta
Bianca Editore, Faenza, pag.300)
ricostruisce la vicenda umana e storica del Brisighellino basandosi
rigorosamente su documentazione esistente presso Archivi di “mezza” Europa.
Se in Italia Pianori è un “perfetto” sconosciuto -
quando non addirittura un “brigante, un sicario, uno squilibrato”, ben diversa
la valutazione che a lui viene data dagli storici stranieri secondo i quali il
suo gesto temerario ebbe allora
conseguenze politiche internazionali imprevedibili: tali da cambiare il corso della Storia.
(Sintesi
biografica di Giovanni Pianori tenendo
conto dei documenti in Mostra presso la Sede della Fondazione in via Naldi 17. Tutti i documenti sono messi a disposizione dall’autore del
libro “Osare e morire”. Essi sono una minima parte rispetto a quelli che
figurano nel testo stampato. Enzio Strada
Battaglia di Ravenna 11 aprile 1512 CLICCA
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