sabato 10 settembre 2016

EMILIANA NERI ALBONETTI ABITA AL MONTICINO DAL 1956: CUSTODE DELLA MADONNA. BELLA STORIA RACCONTATA DA CLEMENTINA MISSIROLI

1956, al Monticino da sx Emiliana Neri Albonetti, la suocera Luigia Montevecchi, il marito Lorenzo Albonetti i figli Carlo Alberto e  Beatrice,

IL PICCOLO - Ogni volta che si arriva al piazzale antistante il santuario del Monticino. non si può tare a meno di provare una piacevole emozione: è come trovarsi in un balcone proteso nella vallata, mentre lo sguardo scivola libero Uno ai più lontani azzurrognoli crinali appenninici. Chissà se queste sensazioni di meraviglia le prova ancora Emilia quando si affaccia a una finestra o sull'uscio di casa... Perché la sua casa è proprio al Monticino, in quell'edificio a più piani che si appoggia a  un lato del santuario e di cui lei occupa il pianterreno da ben sessant'anni. Ora è sola dopo la morte del marito Lorenzo Albonetti, mancato nel 2009, ma non soffre di solitudine perché quotidianamente le fanno visita i figli Carlo Alberto e Beatrice, spesso i nipoti e i pronipoti. E poi ci sono i turisti, numerosi specie nella stagione estiva. Quando sali per la prima volta la ripida stradicciola era una giovane sposa. Nata alla Badia di Susinana in quel di Palazzuolo, abitava, dopo il matrimonio con Lorenzo, a Fornazzano. in un podere ivicino a Croce Daniele. Quando il figlio Cario Alberto aveva quattro anni, già  alla scuola, alle difficoltà create dalla lontananza e allora di comune accordo si misero alla ricerca  di una sistemazione migliore. Lorenzo faceva il muratore nella ditta  Galassini di Brisighella e sentì dire che al Monticino cercavano un custode. Parlò con il rettore del santuario, don Davide Conti, che si mostrò favorevole, ma prima pretese di vedere la famiglia al completo. Così una domenica mattina si misero in viaggio: partirono a piedi Emilia, Lorenzo, il piccolo Carlo Alberto, la nonna Luigia. Da Croce Daniele arrivarono a S. Cassiano seguendo il rio Corneto e qui presero la corriera  per giungere a Brisighella puntuali alla messa delle 10, di solito celebrata da don Conti. Poi salirono al Monticino a vedere la casa e la prima impressione non fu affatto positiva per Emilia: strada sconnessa, appartamento in cattivo stato, trascuratezza, altro che  soffermarsi sulla bellezza del panorama! "Non mi piace" disse  subito, ma Lorenzo finì per  convincerla, promettendo che avrebbe apportato qualche miglioria, grazie alle sue competenze di muratore. Così, il 21 ottobre 1956, traslocarono. La loro mansione era quella di tenere pulita chiesa e piazzale, preparare

il  pranzo il giorno della festa quando il rettore invitava autorità e amici, aprire la chiesa ai visitatori e per i matrimoni, allora numerosi. Inoltre, era tradizione che il custode, in prossimità della festa della Madonna, dovesse "andare alla cerca", spingendosi fin nelle campagne dei dintorni. Compito ingrato, che a Lorenzo proprio non piaceva, sia perché perdeva preziose giornate di lavoro, sia perché gli sembrava di chiedere l'elemosina Lo fece per poco tempo, poi ottenne dal rettore di esserne dispensato. Emilia ricorda bene i sacerdoti che si sono avvicendati al Monticino. In primo luogo don Conti, che fu anche poeta. Suoi sono i versi dell'inno  dedicato alla Vergine e musicato dal maestro Masironi nel 1926 per il centenario. Era insegnante di religione, prima nella scuola di avviamento a  Brisighella, poi a Faenza e girava sempre a piedi o facendo l'autostop. Per portarsi al Monticino, spesso saliva  sul camion che faceva la spala dalla l cava del gesso al molinone. Don Conti   morì nel 1961 e il suo successore fu don Armando Minguzzi, che abitava al Monticino con la mamma. Poi per quattro anni venne don Santo Finazzi, un sacerdote bergamasco solo, povero e malato, che in gioventù era stato missionario. Ultimo rettore: don Lino Alpi che abitava a Brisighella, ma nei mesi estivi si trasferiva lassù. Per Emilia le difficoltà in questi sessant'anni non sono state poche. Innanzitutto c'era il problema dell'acqua, sempre scarsa. Dapprima c'era una cisterna che raccoglieva
l'acqua piovana e per quella'potabile dovevano approvigionarsi alla fontanella della piazzetta del Monte, abitudine mantenuta fino a oggi, sebbene arrivi l'acqua dell'acquedotto. I problemi maggiori si presentavano d'inverno, quando si facevano quelle abbondanti nevicate che praticamente li isolavano. Per qualche giorno i dovevano fasciarsi le scarpe per non scivolare nella discesa gelata e raggiungere incolumi il paese. Ci~sono anche i momenti piacevoli da ricordare, come le feste di un tempo, quando le bancarelle di dolciumi e giocattoli invadevano il parcheggio e raggiungevano il sagrato, o eventi importanti, come ad esempio il restauro del santuario nel 1963-64, eseguito dalla ditta Luigi Galassini, grazie alla munificenza del cardinale Amleto Giovanni Cicognani. Non mancano nemmeno fatti curiosi, come quando Emilia portava il nipotino Leonardo, che non aveva appetito, in chiesa, unico posto dove riusciva a farlo mangiare, non si sa bene se per la suggestione del luogo o per ìntercessione della Vergine. Dobbiamo essere grati a Emilia, perché è merito suo se ogni giorno troviamo la chiesa aperta e accogliente, se quel7<non mi piace" iniziale è diventato un legame duraturo con questo luogo privilegiato e con la "sua", la nostra Madonna del Monticino.  Clementina Missiroli 

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