Prende il via dal primo dopoguerra e s’inoltra
fino all’epilogo tragico del secondo conflitto mondiale la mostra che Forlì
dedica al Novecento e alle sue nuove
espressioni artistiche. L’esposizione, intitolata Novecento.
Arte e vita in Italia tra le due guerre, riscopre un clima che ha visto
non solo architetti, pittori e scultori, ma anche designer, grafici,
pubblicitari, ebanisti, orafi, creatori di moda cimentarsi in un grande
progetto comune che rispondeva, attraverso una profonda revisione del ruolo
dell’artista, alle istanze del cosiddetto «ritorno all’ordine». Non un
semplice richiamo al passato, ma la ripresa dei soli canoni ritenuti adatti
alla realizzazione di un pensiero e di una volontà artistica, che scaturiva
dalla crisi delle avanguardie storiche, in particolare il Cubismo e il
Futurismo, considerate l’ultima espressione di un processo di dissolvimento
dell’ideale classico che era iniziato con il Romanticismo e si era accentuato
con l’Impressionismo e i movimenti come il Divisionismo e il Simbolismo che lo
avevano seguito. Il modello di una ritrovata armonia tra tradizione e
modernità è sostenuto da questi artisti – tra cui ebbero un rilievo maggiore
Felice Casorati, Achille Funi, Mario Sironi, Carlo Carrà, Adolfo Wildt e Arturo
Martini – e avrà, anche grazie allo spirito critico e organizzativo di
Margherita Sarfatti, il sostegno da parte del regime, alla ricerca della definizione
di un’arte di Stato, come il lungo e differenziato dibattito sulle riviste
dimostra. La mostra presenta i grandi temi affrontati nel Ventennio dagli
artisti che si prestarono a celebrare l’ideologia e i miti proposti del regime
e da coloro che hanno attraversato quel clima alla ricerca di un nuovo rapporto
tra le esigenze della contemporaneità e la tradizione, tra l’arte e il
pubblico. La presenza di dipinti, sculture, cartoni per affreschi, opere di
grafica, cartelloni murali, mobili, oggetti d’arredo, gioielli, abiti, intende
offrire una visione a tutto tondo del rapporto tra le arti e le espressioni del
costume e della vita, confrontando artisti e materiali diversi. La mostra
è visitabile presso i Musei San Domenico fino al 16 giugno
2013.
ARTURO
MARTINI
Arturo Martini (Treviso, 11 agosto
1889 – Milano, 22 marzo
1947) è stato
uno scultore
e pittore
italiano.
Era il terzo dei quattro figli di Antonio, cuoco, e Maria Della Valle,
cameriera originaria di Brisighella; i caratteri diametralmente opposti
dei genitori, l'uno taciturno e tenace, l'altra passionale e fantasiosa, segnarono profondamente la formazione
dell'artista. La famiglia era molto povera e, per non pagare l'affitto,
viveva nelle torri medievali di Treviso, ambienti suggestivi che Martini serbò
nel proprio universo figurativo. Dopo essersi formato a Treviso e Venezia
come orafo e ceramista
ebbe contatti con la cultura europea, ma restò sempre legato a
forme di espressione tradizionali. Martini è stato un artista ricchissimo, che
si è espresso con altrettanto vigore nel legno e nella pietra, nella creta e
nel bronzo. Fece parte del gruppo di artisti di Ca’ Pesaro. Nel 1925 è invitato
ad esporre con una sala alla III Biennale Romana; nel 1926 partecipa per la
prima volta alla Biennale di Venezia. Nello stesso anno espone alla prima
mostra di Novecento ed esporrà anche nella seconda edizione del 1929. Nel 1931
riceve il premio per la scultura alla I Quadriennale di Roma; nel 1932 ha una
sala personale alla Biennale veneziana. Dal 1937 al 1939 è impegnato in
importanti commissioni pubbliche a Milano. Nel 1941 presenta a Milano alla
galleria Barbaroux la sua prima mostra di dipinti. Nel 1948, gli viene tributato
un omaggio postumo alla V Quadriennale di Roma. Nel 1967 gli fu dedicata la
grande mostra monografica, allestita su progetto di Carlo Scarpa nel Convento
di Santa Maria a Treviso, spronò l’amministrazione ad acquisire il Complesso di
Santa Caterina, oggi sede principale dei Musei civici di Treviso.
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