Vincenzo Galassini - Andrea
Vitali (a cura)
FESTE MEDIEVALI DI BRISIGHELLA
Gli Anni d'Oro 1980-1995
Introduzione
di Franco Cardini
Interventi di Carlo
Lucarelli, Massimo Montanari, Paolo Aldo Rossi, Giordano Berti, Achille
Olivieri, Leonardo Scarpa, Antonia Torchi e numerosi altri.
Carta Bianca Editore, Faenza, 2015
cm. 21 x 21 - pp. 288 con numerose foto a colori
Copertina cartonata
Quindicesimo
volume de "I Quadri della Fondazione"
Fondazione
"La Memoria storica di Brisighella 'I Naldi - Gli Spada'". Presidente:
Card. Achille Silvestrini
ISBN
978897550457
Le Feste
Medievali di Brisighella furono le prime al mondo a trasportare il medioevo in
piazza con spettacoli, mostre, convegni, contribuendo a diffonderne l’amore per
quello che esso realmente fu, scevro dalle false romantiche connotazioni che
gli attribuì l’Ottocento. Anche se si chiamavano Feste, in realtà si trattò di
un vero e proprio Festival, che vide recitare attori come Arnaldo Foà, Renzo
Montagnani, Paolo e Lucia Poli, Duilio Del Prete, Orso Maria Guerrini, Riccardo
Cucciolla; cantanti come Maria Carta, Beppe Barra e tanti altri, assieme ai più
prestigiosi ensemble di musica antica e di danza provenienti da tutta Europa.
Occorre fra l’altro sottolineare che l’interesse verso la musica antica nacque
con queste Feste che diedero l’imput alle più importanti case discografiche del
mondo per la realizzazione di tantissimi CD di musica medievale e
rinascimentale. Punto di riferimento per i più insigni medievisti, filosofi
antropologi, storici dell'arte, cineasti e docenti in altre discipline fra cui
Franco Cardini, Massimo Montanari, Paolo Aldo Rossi, Massimo Cacciari, Marco
Bertozzi, Patrizia Castelli, Cecilia Gatto Trocchi, Vittorio Sgarbi, Giorgio
Celli, Gian Vittorio Baldi, Giorgio Galli, Attilio Agnoletto solo per citarne
alcuni. Culla del giallista e presentatore televisivo Carlo Lucarelli, di
Giordano Berti, oggi noto saggista, e di tanti altri divenuti nel tempo famosi.
Non vi fu testata giornalistica che non parlò di questa manifestazione, dai più
importanti quotidiani ai settimanali e mensili, oltre alla televisione
nazionale e a quelle private. Le Feste di Brisighella crearono una moda che si
diffuse in pochi anni a macchia d’olio in tutta Italia e successivamente in
Europa. Fu uno dei tre appuntamenti estivi più importanti e visitati da
cittadini italiani e d’oltralpe negli anni ‘80 e ’90 (con una media di circa
40.000 presenze annuali) assieme al Festival di Spoleto e a Sant’Arcangelo dei
Teatri. Andrea Vitali ne fu l'ideatore e direttore artistico fino al 2004;
Vincenzo Galassini, in quegli anni Assessore alla Cultura, direttore
organizzativo.
Introduzione
Franco
Cardini
Parlare di
“feste medievali”, al giorno d’oggi, può quasi far sorridere. Come esiste
un’ormai consolidata tradizione “medievistica”, che vanta illustri radici
sette-ottocentesche filosofiche, letterarie e artistiche (da Novalis a
Chateaubriand, da Walpole a Scott, da Viollet-le-Duc a Wagner), così
esiste ormai un “medievalismo” diffuso fortemente, radicato persino in espressioni
mediatiche quali il romanzo storico o fantastorico o “eroico-fantastico”, il
cinema, la letteratura, i war games, perfino una gadgettistica che
comprende la produzione di oggetti in serie di bassa qualità ma che giunge a
forme d’artigianato di alta qualità. Ormai, in Europa e anche fuori di essa
(negli Stati Uniti, in Canada, in Australia), esistono feste “medievali” che
coinvolgono intere comunità urbane, espressioni revivalistiche interessanti
gruppi umani e sociali anche notevolmente allargati, “cene medievali” sempre
più ricche e frequenti, perfino “musei” e “convegni” che in un modo o
nell’altro, al di là della loro origine amateuriste e consumistica,
hanno ormai finito con il coinvolgere sempre più anche il mondo degli “addetti
ai lavori”, dei medievisti che svolgono attività di ricerca scientifica e che,
dopo una più o meno lunga e rigorosa resistenza nei confronti di
mistificazioni, volgarizzazioni e revivalismi di vario genere, hanno finito con
l’accettare il gioco magari con l’intento di “filologizzarlo”. Il tempo nel
quale il medioevo si studiava nelle università mentre, al di fuori di esse,
veniva tollerato solo all’interno di poche grandi feste collaudate come il
palio di Siena, la Giostra del saracino di Arezzo o il Calendimaggio di Assisi,
è decisamente tramontato.
Oggi lo studio
storico del medioevo sta diventando un’attività sempre più di nicchia mentre
molti fra i suoi stessi rappresentanti accettano in vario modo e a differenti
condizioni di collaborare alla sua diffusione mediatica.
S’insiste ancora
nel tentativo di codificare questa diffusa “voglia di medioevo”: una pura
espressione ludica? Il bisogno umanissimo di “liberare la fantasia”? Un “salto
all’indietro” che sottintende una qualche forma di disagio rispetto al presente
se non una critica alla Modernità? Un’ennesima astuzia della società dei
consumi capace d’impadronirsi di tutto per trasformarlo, metabolizzandolo in
fonte di produzione e di profitto? È difficile dirlo; è impossibile
fornire una risposta precisa e definitiva a tale quesito; e forse in fondo non
è nemmeno necessario.
Ma, siccome
ormai il fenomeno che abbiamo sommariamente evocato è vivo e dilagante, e ha
generato prodotti di vario genere e di differente qualità, quel che senza
dubbio possiamo fare è il ricercarne i precedenti. E a questo punto è
necessario tornare a un esperimento che risale ormai agli anni ’80. Bisogna
rifarsi a quegli anni lontani nei quali eravamo in tanti a prendere, a Firenze
o a Faenza, il “trenino” della leggendaria “Faentina” per fermarci alla
stazione di Brisighella. Arrivavamo con piccole valigie, magari con qualche
modesto zaino o qualche innocuo involto di panni. Lì, tra la stazioncina e
l’ingresso del paese - dove potevamo cambiare le nostre migliaia di lire con la
moneta accettata durante al feste, i “brisighelli” - avveniva la
trasformazione: via camicie, giacche, pantaloni, gonne, scarpe e
cravatte, e forza con gonnelli, gabbane, guarnacche, lucchi, veli, calzari,
zoccoli, pianelle, strascichi e mantelli. Medioevo? Sì, magari con molta
libertà e qualche approssimazione dettata dalla ristrettezza economica (i veri
“costumi” costano…); e con una certa abbondanza di fogge ecclesiastiche varie e
di non meno varie acconciature “orientali”. Si registrava anche una certa
presenza di armi, il più delle volte tutt’altro che pericolose (ma con qualche
eccezione). Era un “salto nell’Altrove”: imperfetto, senza dubbio (per
fortuna, allora non c’erano ancora i telefonini o facevano già capolino certi
loro ingombranti antenati), perché a certi comforts non si poteva
comunque rinunziare; ma la fantasia, la buona volontà, l’entusiasmo e un bel
po’ di musica, di canti e di bevute facevano il resto.
Brisighella era
la Mecca toscoromagnola di queste esibizioni ludico-ucroniche, nelle quali s’incontravano
fricchettoni di mestiere, chierici vaganti di lungo corso, egregi signori e
gentili signore in incognito e in autoassegnata “licenza-premio”, illustri
studiosi e magari chiarissimi cattedratici che alternavano serie e competenti
discussioni storiche e filologiche a faceti ammiccamenti goliardici.
E capitava
d’imbattersi ad esempio in un socioantropotuttologo di vasta notorietà come
Paolo Aldo Rossi che discettava di scienze umane paludato in solennissime vesti
universitarie sì, ma del tempo di sant’Alberto Magno, come se fosse stato un
qualche magister degli studia di Parigi o di Bologna; o nella
“maga” Patrizia Castelli, che ostentava con affascinante nonchalance la
sua esile, snella figura impreziosita dai grandi occhi e dai capelli nerissimi
che la facevano in tutto somigliare ad Amalia, la fattucchiera che ammalia
dei cartoons disneyani ma che quando parlava di storia della
magia medievale e rinascimentale lo faceva da par suo, da quale che era, vale a
dire una delle più brillanti allieve di Eugenio Garin; o in Andrea Vitali,
indefesso giocator di tarocchi ma anche stimatissimo collezionista di quei
gloriosi mazzi di carte e studioso attento della simbolica ad esse sottostante.
Il tutto in vorticoso movimento tra una serie di giochi in piazza, un serio
convegno di scienze medievistiche seguito con attenzione da una platea
mascherata sì ma vigile e competente, una cena tanto abbondante quanto
raffinata allestita da quell’insuperabile chef ch’era il grande
indimenticabile Gigiolè e, infine, un sabba-baccanale notturno con tanto di
fuochi artificiali da capogiro. Sul far dell’alba, i sopravvissuti bivaccavano
ancora tra boccali di sangiovese e stanchi cori arrochiti dalla rugiada in
attesa del cappuccino, della doccia e del riposo mattutino ristoratori.
Brisighella fu
un banco di prova importante: si giocava, ma anche si studiava e si
sperimentava. Con direttori di seminario, maestri di cerimonie e registi di
eventi ludici come Rossi e Vitali, la posta in gioco - lucidissimamente
compresa - era alta. Si trattava di superare una schizofrenia che appariva
insormontabile: da una parte il medioevo serioso, sussiegoso, erudito e
insopportabile degli studiosi addetti ai lavori; dall’altra il medioevo
cencioso, velleitario, bécero, goliardico e inammissibile degli altri, degli
emuli di Ettore Fieramosca, di Robin Hood “eroe in calzamaglia” alla Mel Brooks
e dell’Armata Brancaleone, di quelli che nulla sapevano dei Monumenta
Germaniae Historica e delle imbreviature notarili eppure
pretendevano di “giocare al medioevo”.
Siamo stati -
uso la prima persona plurale perché, ebbene sì, c’ero anch’io - i fondatori di
una “Gaia Scienza”, portatori sani (e quasi savi) di una benefica malattia
contagiosa. Divertirsi e impegnarsi al tempo stesso, “filologizzare il gioco”,
“storicizzare la festa”, “formalizzare l’evasione fantastica”, “trasformare il
divertimento in impegno”: insomma, coniugare quel po’ che sapevamo e quel molto
che c’impegnavamo a imparare con la voglia di ridere e di scherzare e, al tempo
stesso, con una sacrosanta affermazione di libertà della memoria che
arrivava alla libertà di sceglierci, quando e come ci pareva, a che mondo
appartenere, in che secolo vivere, quanto tempo restarci, a quali condizioni
rimanerci, un’ora o una notte o una settimana (e magari, nel nostro intimo, mai
e/o per sempre). “Una risata vi seppellirà”, ha detto una volta, con una certa
truculenza, qualcuno: ebbene, noi non volevamo seppellire chicchessia. Ma
liberarlo, questo sì: liberarlo risvegliandolo alla forza della sua fantasia,
della sua capacità di ridere e di scherzare, di rimodellare la realtà grazie
alla fantasia e al tempo stesso di porci il problema del passato e delle
infinite forme di renderlo di nuovo vivo e attuale, con la consapevolezza dei
rischi che ciò comporta e il coraggio di affrontarli. Solo questo.
Oggi, la realtà
e l’iperrealismo sono giunti al grottesco: pensiamo ai truculenti califfi
tagliatori di teste, pensiamo alle multinazionali che stanno rovinando il mondo
per arricchirsi. A queste forze di morte, fino dai tempi di Brisighella abbiamo
opposto le forze della vita: la fantasia, il gioco, il vino che rallegra, il
canto che rende liberi, la Cerca del Graal di noi stessi e del significato di
un’esistenza che per compiutamente esprimersi, talvolta, ha bisogno anche del
travestimento. Magari della cotta d’arme del cavaliere, del saio del fraticello
che ama i lupi e parla col sultano, della veste color di cielo della fanciulla
innamorata. Che tutto ciò somigli o meno al medioevo, non lo sappiamo: non lo
abbiamo mai capito bene. Però somiglia alla vita.
INDICE
Introduzione
- Franco Cardini
Tutto
iniziò con un sogno premonitore - Andrea Vitali
Una
splendida realtà - Vincenzo Galassini
Il sogno
di una vita più bella - Vincenzo Galassini
L'immaginario
medievale - Andrea Vitali
I
tarocchi e l'immaginario collettivo - Andrea Vitali
Spectacula
- Andrea Vitali
Incipit
Festa Dies - Vincenzo Galassini, Andrea Vitali
Sic
transit gloria mundi - Andrea Vitali
L'Antro
di Ermete - Vincenzo Galassini, Andrea Vitali
La mia
cucina medievale - Tarcisio Raccagni
Il
medioevo di Raccagni - Massimo Montanari
Dalla
Cena Medievale alla Cena Barocca e Liberty - Vincenzo Galassini
Il
teatro all'aperto in via Spada, idea futurista per le Feste Medievali
- Vincenzo Galassini
Come
rimuovere il medioevo e non solo - Antonia Torchi
Potenzialità
inespresse - Miro Venturi
Commentarii
con contributi di Luca Colferai, Lucio Biondi, Franco Suaci, Carlo Lucarelli,
Leonardo Scarpa, Achille Olivieri, Paolo Aldo Rossi, Giordano Berti, Valeria
Giordani, Francesco Donati, Antonia Torchi, Graziano Lazzari, Kido Emiliani,
Lella Bellardi, Barbara Randi, Miro Venturi, Enrica Piancastelli, Renata
Montaguti, Giorgio Manko, Carlo Collina, Livio Laghi, Damiano
Dalmonte, Giambattista Ancarani, Paola Amadesi, Velda Raccagni, Antonietta
Alpi, Teresa Margheritini, Diana e Morena Romagnoli, Giancarlo Giunchi.
Spettacoli
delle Feste Medievali di Brisighella alla Feste Medievali di
Offagna, Monteveglio e Cairo Montenotte - Vincenzo Galassini
Ringraziamenti
- Vincenzo Galassini
L'opera può
essere richiesta presso la Fondazione "La Memoria storica di
Brisighella" Via Naldi 17 - 48013 Brisighella (Ra)
(euro 20 +
spese di spedizione)