1956,
al Monticino da sx Emiliana Neri Albonetti, la suocera Luigia Montevecchi, il
marito Lorenzo Albonetti i figli Carlo Alberto e Beatrice,
IL PICCOLO - Ogni volta che si arriva al piazzale antistante il
santuario del Monticino. non si può tare a meno di provare una piacevole
emozione: è come trovarsi in un balcone proteso nella vallata, mentre lo
sguardo scivola libero Uno ai più lontani azzurrognoli crinali appenninici.
Chissà se queste sensazioni di meraviglia le prova ancora Emilia quando si
affaccia a una finestra o sull'uscio di casa... Perché la sua casa è proprio al
Monticino, in quell'edificio a più piani che si appoggia a un lato del santuario e di cui lei occupa il
pianterreno da ben sessant'anni. Ora è sola dopo la morte del marito Lorenzo
Albonetti, mancato nel 2009, ma non soffre di solitudine perché quotidianamente
le fanno visita i figli Carlo Alberto e Beatrice, spesso i nipoti e i
pronipoti. E poi ci sono i turisti, numerosi specie nella stagione estiva.
Quando sali per la prima volta la ripida stradicciola era una giovane sposa.
Nata alla Badia di Susinana in quel di Palazzuolo, abitava, dopo il matrimonio
con Lorenzo, a Fornazzano. in un podere ivicino a Croce Daniele. Quando il
figlio Cario Alberto aveva quattro anni, già alla scuola, alle difficoltà create dalla
lontananza e allora di comune accordo si misero alla ricerca di una sistemazione migliore. Lorenzo faceva
il muratore nella ditta Galassini di Brisighella e sentì dire che
al Monticino cercavano un custode. Parlò con il rettore del santuario, don
Davide Conti, che si mostrò favorevole, ma prima pretese di vedere la famiglia
al completo. Così una domenica mattina si misero in viaggio: partirono a piedi
Emilia, Lorenzo, il piccolo Carlo Alberto, la nonna Luigia. Da Croce Daniele
arrivarono a S. Cassiano seguendo il rio Corneto e qui presero la corriera per giungere a Brisighella puntuali alla
messa delle 10, di solito celebrata da don Conti. Poi salirono al Monticino a
vedere la casa e la prima impressione non fu affatto positiva per Emilia:
strada sconnessa, appartamento in cattivo stato, trascuratezza, altro che soffermarsi sulla bellezza del panorama!
"Non mi piace" disse subito,
ma Lorenzo finì per convincerla,
promettendo che avrebbe apportato qualche miglioria, grazie alle sue competenze
di muratore. Così, il 21 ottobre 1956, traslocarono. La loro mansione era
quella di tenere pulita chiesa e piazzale, preparare
il pranzo il giorno della festa quando il rettore
invitava autorità e amici, aprire la chiesa ai visitatori e per i matrimoni,
allora numerosi. Inoltre, era tradizione che il custode, in prossimità della
festa della Madonna, dovesse "andare alla cerca", spingendosi fin
nelle campagne dei dintorni. Compito ingrato, che a Lorenzo proprio non
piaceva, sia perché perdeva preziose giornate di lavoro, sia perché gli
sembrava di chiedere l'elemosina Lo fece per poco tempo, poi ottenne dal
rettore di esserne dispensato. Emilia ricorda bene i sacerdoti che si sono
avvicendati al Monticino. In primo luogo don Conti, che fu anche poeta. Suoi
sono i versi dell'inno dedicato alla Vergine
e musicato dal maestro Masironi nel 1926 per il centenario. Era insegnante di
religione, prima nella scuola di avviamento a
Brisighella, poi a Faenza e girava sempre a piedi o facendo l'autostop.
Per portarsi al Monticino, spesso saliva
sul camion che faceva la spala dalla l cava del gesso al molinone. Don
Conti morì nel 1961 e il suo successore
fu don Armando Minguzzi, che abitava al Monticino con la mamma. Poi per quattro
anni venne don Santo Finazzi, un sacerdote bergamasco solo, povero e malato,
che in gioventù era stato missionario. Ultimo rettore: don Lino Alpi che
abitava a Brisighella, ma nei mesi estivi si trasferiva lassù. Per Emilia le
difficoltà in questi sessant'anni non sono state poche. Innanzitutto c'era il
problema dell'acqua, sempre scarsa. Dapprima c'era una cisterna che raccoglieva
l'acqua piovana e per quella'potabile dovevano approvigionarsi alla fontanella della piazzetta del Monte, abitudine mantenuta fino a oggi, sebbene arrivi l'acqua dell'acquedotto. I problemi maggiori si presentavano d'inverno, quando si facevano quelle abbondanti nevicate che praticamente li isolavano. Per qualche giorno i dovevano fasciarsi le scarpe per non scivolare nella discesa gelata e raggiungere incolumi il paese. Ci~sono anche i momenti piacevoli da ricordare, come le feste di un tempo, quando le bancarelle di dolciumi e giocattoli invadevano il parcheggio e raggiungevano il sagrato, o eventi importanti, come ad esempio il restauro del santuario nel 1963-64, eseguito dalla ditta Luigi Galassini, grazie alla munificenza del cardinale Amleto Giovanni Cicognani. Non mancano nemmeno fatti curiosi, come quando Emilia portava il nipotino Leonardo, che non aveva appetito, in chiesa, unico posto dove riusciva a farlo mangiare, non si sa bene se per la suggestione del luogo o per ìntercessione della Vergine. Dobbiamo essere grati a Emilia, perché è merito suo se ogni giorno troviamo la chiesa aperta e accogliente, se quel7<non mi piace" iniziale è diventato un legame duraturo con questo luogo privilegiato e con la "sua", la nostra Madonna del Monticino. Clementina Missiroli
l'acqua piovana e per quella'potabile dovevano approvigionarsi alla fontanella della piazzetta del Monte, abitudine mantenuta fino a oggi, sebbene arrivi l'acqua dell'acquedotto. I problemi maggiori si presentavano d'inverno, quando si facevano quelle abbondanti nevicate che praticamente li isolavano. Per qualche giorno i dovevano fasciarsi le scarpe per non scivolare nella discesa gelata e raggiungere incolumi il paese. Ci~sono anche i momenti piacevoli da ricordare, come le feste di un tempo, quando le bancarelle di dolciumi e giocattoli invadevano il parcheggio e raggiungevano il sagrato, o eventi importanti, come ad esempio il restauro del santuario nel 1963-64, eseguito dalla ditta Luigi Galassini, grazie alla munificenza del cardinale Amleto Giovanni Cicognani. Non mancano nemmeno fatti curiosi, come quando Emilia portava il nipotino Leonardo, che non aveva appetito, in chiesa, unico posto dove riusciva a farlo mangiare, non si sa bene se per la suggestione del luogo o per ìntercessione della Vergine. Dobbiamo essere grati a Emilia, perché è merito suo se ogni giorno troviamo la chiesa aperta e accogliente, se quel7<non mi piace" iniziale è diventato un legame duraturo con questo luogo privilegiato e con la "sua", la nostra Madonna del Monticino. Clementina Missiroli
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