Ponte lungo
in costruzione. Foto tratta dal libro “Brisighella Com’ era…Com’ è” n. 27 del
2001 edizione Tipografia Valgimigli
RICORDO
DA CHI HA PARTECIPATO ALLA COSTRUZIONE.
Si parla molto in questi
giorni, di “Pontelungo” dove sono in corso i lavori di ristrutturazione per
adeguarlo alle nuove norme sismiche e un rinforzamento costruito nel lontano 1948 ben sessantacinque
anni fa, come fa discutere il percorso alternativo, voluto dal sindaco
Missiroli della lunghezza di un chilometro e trecento, del costo di oltre
48.000 euro, visto che l’utilizzo è per solo tre mesi e poi non servirà a nulla
perché solo al servizio di un terreno di un privato. Brisighella, nel tempo di
guerra era rimasta isolata, perché il ponte sulla strada provinciale chiamato
“Pontelungo” quello della strada
comunale il ponte della “Busina”, e di Fognano, distrutti dalle mine dei
tedeschi, l’aveva isolata e nessun automezzo arrivava compresi anche quelli
tedeschi. Con la liberazione di Brisighella il 5 dicembre del 1944, dopo
tre giorni l’otto dicembre, il paese fu invaso dagli
automezzi perché le truppe alleate, che avevano liberato Brisighella, costruirono
i ponti “bailey”, in ferro e legno a “Pontelungo”, e poi a Fognano e alla
“Busina”, un vero successo. La vita riprese immediatamente ritrovando anche la
socializzazione con le truppe alleate. Un ponte dello stesso tipo si può ancora
“ammirare” nella strada comunale che attraversa la ferrovia “Faentina” per
andare a “Villa Corte”.
La vita riprese con
allegria per la ritrovata libertà, il collegamento con Faenza avveniva con la
“Tamburina” l’originale autobus o corriera che attraversava il ponte di ferro
posto in fondo alla vecchia strada si scendeva quasi in fondo al Rio Chiè per
poi risalire, una vera avventura.
Tonino Malpezzi “Naka”
Parliamo dei lavori come
ricorda, un ragazzo di allora, aveva quindici anni, che partecipò alla costruzione del ponte in cemento armato,
i muratori di Lugo lo chiamavano “Sogno”,
forse per l’età nella realtà Tonino
Malpezzi detto ora “Naka”,
“interista”.
Una memoria, una
riflessione che ricorda il metodo di lavoro in quei tempi lontani che i giovani
non conoscono e non immaginano nemmeno.
Cattani Aldo “Nato”
Il giovane nel frattempo faceva anche l’aiuto
barbiere o come si diceva a quei tempi il “garzone” da “barbiere” dal mitico
Dante. “Sogno o Naka” trova lavoro
da “bocia” (ragazzo) con l’impresa “Giovannini” di Lugo che aveva vinto
l’appalto per la costruzione del nuovo ponte in “cemento armato” con colonne a
pilastro e arco una novità per Brisighella,
che portava lavoro a tanti giovani in un momento di difficoltà economica
ed ai tanti operai turnisti. Di quei lavoratori sono rimasti solo “Nato” Cattani Aldo novantadue anni e, “NaKa” Malpezzi Antonio anni ottantuno.
Naka ha poi lavorato come muratore
specializzato con un’impresa edile per
le Ferrovie dello Stato a Bologna (anche nel cantiere per la ricostruzione
della stazione ferroviaria dopo l’attentato del 2 Agosto del 1980), ora fa
volontariato per il comune di Brisighella ripulendo le panche dei viali. Gli
altri manovali brisighellesi tutti scomparsi diventarono bravi muratori,
specializzati e anche capi cantieri lavorando nelle imprese locali e faentine,
erano: Strocchi Pietro, Alpi Rinaldo,
Santandrea Biagio (padre del
sacerdote missionario), Cornacchia Angelo
detto Maciarì (il babbo del ceramista Adelmo), Laghi detto Zaclì (fratello di Angelo ex assessore e autista della
corriera Tamburina), Malpezzi Andromaco,
Campagnoni Augusto, Santandrea Raul, Tagliaferri (poi negozio giocattoli) Arcangeli ex marinaio, i muratori di
Lugo erano solo cinque. Fra i turnisti Spada, Moretti, Sassi babbo di Ivo Sassi e tanti altri
Il cantiere, finanziato
dalla Provincia di Ravenna assistenti geom. Utili e Monti, per realizzare il
ponte fu impostato dal lato di Faenza, l’impresa costruì un fabbricato per sede
del cantiere, ancora esistente dove
abitò per tanto tempo la famiglia Verità,
(con quattro figli un maschio e tre belle ragazze Nives, Rosa,
Ernestina) ora ha sede la nota ditta di Cicognani
Guglielmo, l’edificio serviva come ufficio e deposito del cemento.
Il cemento per fare il
calcestruzzo dei pilastri in quel tempo, non arrivava come ora in betoniera e
pompe già pronto, ma in sacchetti da cinquanta chili che doveva essere
scaricato a spalla dagli operai, mescolato poi alla sabbia e alla ghiaia anche
questa arrivava con camion senza ribaltabile e scaricato a badilate. Il “bocia” era addetto a scaricare il
cemento, lavare la ghiaia per pulirla e renderla migliore per realizzare il
calcestruzzo, tirare i “carrioloni” piene di calcestruzzo, per inserirlo nelle colonne realizzati con
cassoni di legno e tenuti fermi da travi in “legno”. Le mani dei lavoratori
erano senza protezione come “guanti”, non esistevano, e crepavano per il
contatto con il cemento. Fra gli altri lavori da eseguire portare da bere ai
colleghi che andava a prendere al vicino casello ferroviario. All’inizio il
calcestruzzo andava verso il basso, la fatica era minore, ma poi andava portata
in alto tirando le carriole. La struttura per sostenere i pilastri che ora sono
fatta con una struttura in tubolari di ferro a
quel tempo in travi di legno legato agli altri con grande fatica e tempo
per costruirlo che smontato cadeva in fondo al rio e i giovani dovevano riportare in altro e
pulire.
Il lavoro durò circa due
anni! La notte il cantiere era controllato da un sorvegliante che veniva tutti
i giorni in bicicletta da Lugo chiamato “Mozì” perché invalido senza una parte
del braccio. La prima estate per uno sciopero a livello nazionale il cantiere
rimase fermo circa un mese mezzo, e “Sogno” ne fu felice, al contrario degli
altri operai, il pomeriggio si recava all’Ufficio di collocamento che si
trovava nell’Ufficio di fronte al Comune, ora c’è il Bar “La Loggia”, per
sapere se lo sciopero era sospeso. Il capo cantiere “Minghetti” di Lugo, a
mezzogiorno, rispetto agli altri operai andava a mangiare dalla “Morena”, ora Albergo Ristorante “La Rocca”. Il
pomeriggio mandava “Sogno” a prendere del vino supplementare per ristorarsi,
un’abitudine tradizionale per gli operai di quel tempo, al ritorno si fermava
al Circolo Borsi, chiamato, “e caghet”
dal tempo del fascismo, per vedere gli amici e purtroppo si attardava un po’
troppo. Minghetti, dopo un po’, notando
che per mangiare metteva solo un’ora (viaggio e pranzo) “Sogno” metteva lo
stesso tempo, gli cambio l’orario. Il vino lo mandava a prendere solo alle
16,45 prima del termine dei lavori e quindi doveva essere puntuale. Di fronte
al cantiere emergeva la mole del ponte della ferrovia Faentina fatto nella
forma tradizionale in grandi pilastri e volte in cemento dalla ditta Bianchini
di Firenze. Sogno lavorava in coppia
con Maciarì che teneva fermo lo
scalpello e lui più giovane batteva con
il martello. La fine del lavoro, doveva essere per le ore diciassette, gli
operai smettevano invece con il passaggio del treno alle ore 17,15, fungeva da orologio,
che nessun aveva a quel tempo!
Ponte lungo
in costruzione particolare . Foto tratta dal libro “Brisighella Com’ era…Com’
è” n. 27 del 2001 edizione Tipografia Valgimigli
Durante la costruzione
del ponte così alto con complesse strutture di legno non avvenne nessun incidente
agli operai, pensate come sono cambiati, i tempi ora sono necessari controllori
della sicurezza, perizie di periti, ASL, caschi, allacci di sicurezza, passaggi
pedonali protetti e tantissimo altro, allora con la buona volontà degli operai
e dell'impresa si realizzò, come tante altre per tanto tempo, un’opera
imponente senza tanti costi superiori per la “sicurezza” come avviene oggi e,
gli incidenti sul lavoro sono aumentati!
Ponte lungo
come era nel 2013 (foto Galassini)
Dopo due anni al termine
dei lavori gli operai che avevano realizzato il grande “Pontelungo” furono
incaricati di demolire il ponte Bailey, sotto la supervisione di un tecnico
militare e vendere il materiale ricavato pagandosi così il lavoro!
Grazie a “Naka” per
averci raccontato una storia che forse per tanti giovani può sembrare un
“Sogno” perché non conoscono come si lavorava in quei tempi. Vincenzo
Galassini
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