Il talk show è in crisi? per forza, è una rottura... Vittorio Sgarbi non
ha dubbi: servono idee nuove. Come, questa la sua proposta, un programma che
cambi le regole: una sorta di reality-talk, dove si parli di tutto. Ma, per
favore, non di politica. Interessante l’ appuntamento di ogni Giovedi sera, ore 23,30, nel suo spazio all’interno
della trasmissione Raidue
Virus dove ha parlato di Caravaggio,
da non perdere ogni giovedi .
Professor Vittorio Sgarbi,
che fine ha fatto il talk show? «Io ho proposto a Cairo, su La7, di fare un programma
sull’arte cristiana, invece di fare dieci minuti di Floris, alle sette e
quaranta o alle otto, fare dieci minuti di un capolavoro dell’arte italiana. La
gente ti ascolta. Quando io faccio Virus, parlando di quadri, poi in maniera
rapsodica, perché parlo sempre a ore diverse, attorno alle 11,30, ne alzo
l’ascolto». E come mai? «Sarà che sono bravo, ma, immagino che, oltre ad
essere io bravo, invece di metterti lì con Renzi, Boschi, Berlusconi,
Napolitano, si potrebbe dare agli spettatori qualcosa che guardano, vedono,
sanno: mi pare che l’idea di diversificare sarebbe potuta essere un punto di
riferimento. Poi Cairo è un bravo ragazzo, ma è un po’ lento a capire. Insomma,
è diventato come il mercato del calcio, dove si comprano dei giocatori perché,
dicono, Floris ha fatto gol due volte. Ma è una schiappa, Floris. Cosa dice di
originale e di nuovo? C’è un’idea nei programmi di Floris? È chiaro che servono
delle idee nuove». Come è andata con
La7? «Io ho parlato con il mio vecchio amico per quattro mesi, alla fine,
quando mi aspettavo che facessimo questi dieci minuti, lui ha chiamato Floris.
Io poi gli ho scritto: ma di cosa parlerà? Di Renzi, di Napolitano, delle
solite cose!» Lei ha proposto questa idea personalmente a Urbano Cairo? «Ma
sì, ci conosciamo da trent’anni, quindi non so perché non dovevo parlare con
lui. Mi sembrava una cosa abbastanza logica. Che poi è la cosa che io faccio
dentro Virus. E il fatto
che ci sia il picco di ascolti è la prova che il desiderio degli spettatori è di
guardarsi una cosa che esula dal contesto del talk show. Una cosa che
funzionava e che, di fatto funziona, con la Gruber, l’aveva fatta l’unico, vero
censurato della Rai: Gigi Moncalvo. Si chiamava "Confronti". La
voleva fare con Santoro, l’idea era di fare un’edizione che fosse un confronto
tra me e Travaglio. La Gruber oggi fa questo: ha due ospiti. Il peggio di
tutto, invece, è Agorà la mattina, dove invitano venti ospiti, in studio, poi
quattro collegati, otto contributi, una rottura di... È il degrado del talk
show, perché aumenta il numero dei presenti, mentre invece va ridotto. Perché
deve diventare come un duello. Moncalvo faceva "Confronti". Io mi
sono confrontato lì con Cecchi Paone, con Travaglio». La sua proposta? «Stiamo
programmando con Raidue di fare un reality portando per tre giorni alcune
persone: Moni Ovadia, io, Buttafuoco a discutere. E questo ricordando che il
Grande Fratello era bello, come lo guardavo io, senza audio. Il vero mutamento,
nella storia dell’arte, è quando cambia il sistema dello spazio. Il talk show è
uno spazio fermo, invece il bello del Grande Fratello era che giravano dove
volevano, con le telecamere dappertutto. E allora, se si fa uno show dove la
gente ha anche delle cose da dire su: Dio, la morte, il turismo, la democrazia...»
E magari si spostano. «Certo, uno spazio, un castello, un borgo, dove si
sta tre giorni, e fai quattro o cinque puntate. È un progetto, hanno già
stabilito un luogo». A. A.
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