Nicoletta Martelletto Il giornale di Vicenza. - Sulla vena del gesso,
che fu per secoli la ricchezza della Romagna senza mare, è l'architettura
militare a segnare con tre colli la presenza del borgo di Brisighella. Una
doppia torre – una risalente alla famiglia Manfredi, una alla dominazione
veneziana – sopra il centro abitato racconta di un passato bellico in cui si
fronteggiarono i signori di Faenza con la Serenissima e quindi lo Stato
Pontificio. Brisighella deve il suo nome forse al toponimo celtico brix, ovvero
zona scoscesa, oppure al dialettale brisul, briciola di terra coltivata. Quale
che sia l'origine questo comune di 7.700 abitanti - è Città slow, Bandiera
arancione del Touring e punta di diamante dei Borghi più belli d'Italia - oggi
è una terra dove la pace è sovrana e ci si sente a casa, come in pochi luoghi è
dato sperimentare. Basta sedersi ad un caffè o davanti alla piadineria di turno
e non ci sarà passante che risparmierà il saluto. Davide Missiroli, giovane
sindaco al secondo mandato, ne fa una questione di storia e di clima: «Un
territorio intatto, dove l'agricoltura è un sentimento che produce vino e olio
di qualità, grazie al rilascio del calore dal gesso anche nei mesi freddi. Qui
il turismo è una esperienza, non una toccata e fuga. Qui tutti sono abitanti e
volontari insieme, in qualche associazione o nella Pro loco». Il sistema di
promozione vede già Brisighella 2.0, e non c'è week end da Pasqua a novembre
dove non ci sia una manifestazione: dagli angoli romantici del paese dove
prenotare la cena a lume di candela alla festa della Mora romagnola, un suino
specialissimo e autoctono, fino ai calici di stelle, alla cicloturistiche e ai
trail sulle colline. Sulla via Faenza-Firenze transita anche la littorina che
fatalmente suggerisce l'omaggio a Dante, nato in Arno e morto esule a Ravenna.
Nel marchio “Terre di Brisighella” ci hano fatto rientrare il meglio della
tavola prodotto qui: i bianchi La Rocca, Picatrix, Monticino, il passito Ambra
che è l'Albana di Romagna, un paio di sangionvese e poi l'aceto, sei olii
extravergine tra cui il cru Brisighella, lieve e profumato, che si paga a peso
d'oro. E poi la pera volpina, il tartufo della Valle del Lamone, il carciofo
moretto. Le iniziative sono singolari, come quella di proiettare all'aperto i
film con pellicola a 35 mm e rievocare il 20 agosto con la Frusta d'oro il
mestiere degli s'ciucaren, a ritmo di liscio. Erano i conduttori d'asino che
sono un pezzo di storia a Brighella: governavano l'andrivieni degli animali da
soma dalle cave di gesso alla città, per caricare i cristalli ricavati dalla
vena di solfato di calcio lunga 25 km, utilizzata già al tempo dei romani.
L'antica via degli asini sopra il Borgo testimonia
proprio di case a tre
piani con una via sopraelevata unica al mondo che era baluardo di difesa ma
anche casa-stalla, riscaldata dal basso grazie agli animali. Si percorre,
nonostante sia sconnessa, ancora oggi, in un circuito che dal centro porta
all'ufficio informazioni sotto il municipio, alla cooperativa per gli assaggi e
quindi alla Torre ottocentesca dell'orologio e da qui con una stradina bianca
fino alla Rocca. Aperta nei week end ma anche nelle mattinate feriali, è un castello animato di emozioni:la voce
narrante di Dioniso Naldi, capitano brisighellese del 1500, ripercorre la
storia degli assalti lungo la via del sale, con scoppi di proiettili e rumori
di lame a duello. Il museo su tre piani raccoglie i reperti trovati nei
dintorni dalla preistoria al rinascimento, fino a proporre arredi d'epoca e una
modernissima tv che rilancia la storia del museo geologico all'aperto. Lo si
può percorrere all'ex cava Monticino, anche con visite guidate; oppure in due
giorni si può fare a piedi il tragitto Tossignano-Marradi sull'Alta Via del
gesso, parco regionale che si estende su sei
comuni.www.terredifaenza.it;www.brisighella.org.
E' curioso tutto a
Brisighella, la ricettività è familiare, compreso il locale di Elena Bianchi e Antonella
Dozzi, Framboise, aperto 4 anni fa,sempre pieno: una cucina romagnola moderna
ma che sa di pasta callosa tirata a mano e profumi di erbe. Oppure la sera, può
capitare di essere invitati al concerto di classica nella cava Marana o di
seguire le note di Cisco, ex Modena Ramblers, sul canzoniere partigiano.
Brisighella è ad un tiro di schioppo da Forlì e Faenza, fuori dal pazza folla
della Riviera, ma anche da Riolo, uno dei centri delle Terme di Romagna che sta
emergendo per mole di investimenti e sforzi di ammodernamento. Nate nel 1870,
le Terme hanno una fascino ottocentesco ben coltivato oggi da una società –
www.termediriolo.it – che accanto alle terapie sanitarie convenzionate
(trattamenti vascolari, articolari, salsobromoiodici) ha aperto un centro
benessere con piscine e idromassaggi, e rinnovato i tre hotel a partire dal
Grand Hotel Terme di Riolo, immerso in un parco di 12 ettari, con iperico
piantato dovunque, sequoie e cedri del libano di oltre un secolo. Ci veniva
lord Byron, ci passava le acque il gastronomo Pellegrino Artusi; curava qui le
sue corde vocali il soprano Claudia Muzio. Un affioramento di polle risorgive
dalla vena del gesso – dove la pioggia mineralizza e la vena filtra per 30 anni
– già nel 1548 documentò gli effetti terapeutici dell'acqua di Riolo, dove le
cure sono divise per età – dai bambini ai centenari – e per patologia. Lo
stabilimento funziona otto mesi l'anno, è frequentato anche da agonisti
italiani in cerca di tranquillità e riabilitazione in mani esperte. All'esterno
la mescita dei bicchieri e la musica all'aperitivo; in cucina Ciro Adamo, chef
campano, garantisce diete personalizzate quotidiane ma deliziose: «Non si deve
soffire, qui si deve stare solo bene» è il suo motto.
Nicoletta Martelletto
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