Raffaella
Ridolfi Capo Gruppo Forza Italia Comune di Faenza. Lo scorso 14
ottobre abbiamo partecipato ad una serata informativa per gli eletti nei Comuni
del faentino tenuta dalla dirigenza della ASL unica della Romagna. Come documento
d’introduzione della serata c’erano state inviate quattro paginette talmente
generiche, superficiali, dense di luoghi comuni e frasi fatte (utilizzabili per
un qualsivoglia processo di accorpamento di assetti istituzionali organizzati),
che chi le ha lette è stato indotto a chiedersi se il mittente chieda davvero
collaborazione o sperasse di lasciarci senza parole. Poi sono arrivate le
slides, con le figurine per far capire e convincere anche i più riottosi ad
accettare lo stravolgimento della sanità romagnola: con noi non ci sono
riusciti perché parliamo tutti i giorni con la gente e raccogliamo le continue
lamentele dei cittadini. A quasi undici mesi dalla costituzione della ASL
unica prendiamo atto che la dirigenza
sta ancora lavorando alla definizione della filosofia che deve sottendere la
redazione dell’atto di indirizzo dell’Azienda. Ad una attività filosofica
frenetica corrisponde a ben guardare anche un’attività puntuale spartitoria di
posti e di ruoli chiave che avviene all’interno del PD in un quadro caotico dove tutto è possibile e giustificabile. Chi, molti anni fa, aveva deciso di
sopprimere i piccoli ospedali (da noi Castelbolognese, Modigliana, Brisighella,
ecc) per chiudere le inevitabili discussioni, calava un asso che inibiva ogni
replica: “la sanità territoriale e l’integrazione socio-sanitaria”. Questa
panacea che nel frattempo è divenuta un ferrovecchio (assieme ad altri arnesi
simili, sempre riproposti ma mai realizzati) viene oggi ripresentata nelle
“Linee” come una magica novità, accessoriata
con le “Case della salute”. Avete presente che fine hanno fatto i
presidi dismessi nel nostro comprensorio? E gli abitanti di quei centri, ai
quali si ricordava, ad abundantiam, che l’ospedale di Faenza, con tutte le
specializzazioni ed altrettanti ottimi primari, era a due passi dalle loro case, pronto a dare ben altro che le modeste
strutture periferiche?
Benissimo se
l’idea è tanto brillante perché il PD
non ha il coraggio di proporre queste brillanti idee a Bologna perché adotti lo
stesso modello assieme a Ferrara e Modena o a Parma perché lo faccia con Reggio
e a Piacenza? E cosa significa “va
ribadita la centralità dei quattro ospedali “capoluogo”?
Centralità
rispetto a cosa? Ravenna è del tutto decentrata rispetto al territorio che
vorrebbe servire, Forlì (che alle recenti primarie regionali del PD ha votato
unanimemente il suo ex Sindaco contrario all’Area vasta) e Cesena distano 15 km
(come Faenza da Imola e Forlì) ed aspirano entrambe a divenire l’ospedale
leader della Romagna, Rimini appare quanto meno disinteressata al progetto; e
Imola? Pretende ed ottiene ancora di restare autonoma, con un ospedale che
continua a crescere ed a ricevere direttamente notevoli finanziamenti dalla
Regione; e come mai nel faentino sono stati chiusi da molti anni tutti i
piccoli ospedali, mentre nel resto della Romagna sopravvivono presidi
ospedalieri non solo in piccoli comuni della collina, ma anche a Cesenatico e
Cervia, divise solo da un canale e prossime rispettivamente a Cesena e
Ravenna? Davvero un bel quadretto. Ce poi la questione e la preoccupazione per
il nostro ospedale e Troviamo la risposta ai nostri incubi nella proposizione
che “ I cittadini sono oggi molto più interessati alla cure territoriali e meno
di un tempo alla sanità per acuzie” (cioè agli ospedali); ci viene da dire che
solo imbonitori di certe piccole TV commerciali usano oramai simili
argomentazioni!
Nei documenti
della dirigenza dell’Azienda Asl unica non mancano motivi di giubilo si mettono
al bando gli sprechi del passato e del presente e si
perseguono incredibili operazioni clientelari consistenti nell’ affittare
locali (la Filanda) con costi esorbitanti, in una zona già oberata di traffico,
(con gravi disagi per i cittadini), per trasferirvi servizi attualmente bene
allocati in un immobile di proprietà della ASL. Chi vi può credere quando dite
che non ci sono soldi?
Una
nota ulteriore ci sembra necessaria è che nel passaggio di cui sopra ci si
riferisce solo ai “servizi sanitari a gestione pubblica” ignorando come sempre
il “privato”; una omissione che, tenuto conto della fondamentale, crescente
presenza di strutture private nella realtà romagnola, da sola rende
mendace, inattendibile e quindi
inutilizzabile l’intero documento ed il progetto della ASL unica.
La
verità è che la gestione della sanità nell’ultimo ventennio (non a caso dopo l’unificazione delle tre
USL di Ravenna, Faenza e Lugo) è stata fallimentare, con una accelerazione
nell’era Carradori, una sorta di commissario inviato dalla Regione a Ravenna
per eliminare il deficit, ridurre drasticamente le liste di attesa, bandire gli
sprechi e ottimizzare le risorse, mantenere il livello delle prestazioni; al suo arrivo, dichiarò che il compito era
alla sua portata: “Sei mesi per smantellare le liste di attesa” precisò al
Corriere che così titolò fra virgolette l’intervista. In realtà, dopo nove anni
il nostro uomo ci salutò, con l’Azienda
in deficit, i tempi di attesa tuttora intollerabili, i numerosi sprechi che
abbiamo più volte invano stigmatizzato, unitamente a strane vicende come quella
dell’assicurazione affidata alla ben nota compagnia rumena, che disturba i
sonni di molti dipendenti medici e non, alcuni dei quali hanno pagato due
polizze; ed inoltre un inaccettabile impoverimento della struttura ospedaliera
e quindi del livello delle prestazioni, che ha costretto molti cittadini a
pagarsi le prestazioni per intero o con ticket, dopo averle già pagate due
volte (una con l’Irpef ordinaria e una con l’addizionale regionale, che, com’è
noto, non é applicata da tutte le regioni).
Dopo undici mesi
dall’attivazione dell’Asl Unica non si può retrocedere il confronto alla
“visione” del problema, mentre continuano a venire adottati per il nostro ospedale provvedimenti o
atteggiamenti che proseguono sulla via dello smantellamento, per ultimi
l’affidamento del primariato di Medicina Nucleare al medico che ricopre lo
stesso incarico a Cesena (irrealizzabile) e l’impegno ancora inevaso del
concorso per la copertura del primariato di Chirurgia, dopo un anno dalla vacanza
del posto.
Occorre invece portare nei consigli comunali
e cioè nelle sedi istituzionali elettive, le questioni che la oligarchia di un
solo partito sta decidendo, tenendo presenti alcuni principi che si possono
riassumere nel diritto costituzionalmente garantito di offrire a tutti i
cittadini la stessa qualità dei servizi
sanitari.
Quanto
all’articolazione, sarebbe forse più funzionale accorpare le poche eccellenze
in un solo ospedale (buon senso vorrebbe che fosse il più facilmente
raggiungibile) per non ripetere la negativa ed onerosa esperienza
dell’Università in Romagna; gli altri ospedali - che servono bacini di utenza
non dissimili per popolazione e tempi di percorrenza per il concreto accesso
dai rispettivi bacini di utenza - dovranno avere le stesse dotazioni in termini
di presidi, personale, attrezzature (fatta salva una proporzionalità nei
dimensionamenti, ma non nella qualità). Ciò significa, ad esempio, che un faentino che viene colpito da una
improvvisa malattia cardiologica o neurologica che richieda una assistenza
tempestiva, non può, come oggi
accade ma fino a ieri non accadeva, essere
destinato a rischiare danni gravissimi e financo la vita più di un imolese o di un cesenate
perché al primo vengono negati servizi che vengono concessi ad altri; e non ci riferiamo, nei casi citati, all’eccellenza (cardiochirurgia o neuro
chirurgia che spetteranno ad un solo ospedale), ma alle attrezzature, alle
figure professionali e quant’altro sarà disponibile negli ospedali limitrofi
per mantenere, lo ripetiamo, condizioni di omogeneità che
storicamente sono sempre esistite e che sono irrinunciabili; Faenza è quindi
consapevole che dovrà rinunciare alle eccellenze, ma non si tenti di gabellare
come tali, un primario, la guardia in Pediatria o in altri reparti, la Terapia
intensiva in cardiologia, o interventi che fino a ieri sono stati eseguiti in
Chirurgia o Urologia con ottimi risultati; e potremmo continuare.
I veri termini
della questione non sono quindi se Faenza possa pretendere eccellenze, ma se debba
accettare il rischio di essere l’unica
città che perde ciò che ha sempre avuto e cioè un ospedale adeguato alle
esigenze del suo bacino di utenza, accettando che esso si trasformi in breve in
una struttura simile a quelle che abbiamo chiuso venti anni fa, per poi subire
la stessa sorte. Il percorso avviato è identico a quello di allora: passo dopo
passo si creano le condizioni perché la gente perda fiducia nella struttura e
cominci a rivolgersi altrove, dopodiché il gioco è fatto: si dovrà prendere atto
che non si può più tenere aperto un ospedale del quale la gente non si fida
più.
Non dimentichiamo
che un cittadino cui si tolgono tali disponibilità, non viene solo esposto a
rischi per la salute ben più elevati, ma lo di danneggia una seconda volta
(unitamente ai familiari), addossandogli tutti i disagi conseguenti agli
spostamenti, il tempo necessario ed i relativi costi; infine si impoverisce una
città, che perde posti di lavoro e si dequalifica. Essendo i cittadini
ricompresi nella ASL unica soggetti ad una contribuzione fiscale omogenea, non
possiamo accettare che la Regione redistribuisca i finanziamenti penalizzando
il nostro territorio. Raffaella Ridolfi Capo Gruppo Forza Italia Comune di
Faenza.
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