Giuseppe
“Pino” Bartoli, nato a Brisighella il 18/07/1920 e deceduto il 20/06/2004. Ex
Ufficiale di Stato Civile ed ufficiale della formazione partigiana “Silvio
Corbari”, grado riconosciutogli dal Ministero della Difesa, ha ricoperto, nel
comune di Brisighella, tutti gli incarichi pubblici: Sindaco (1985-1987),
Presidente della Comunità Montana, della Pro Loco, delle Opere Pie e del Museo
del Lavoro Contadino. Poeta in lingua e vernacolo nonché prosatore, si è
affermato in oltre 500 concorsi letterari, molti dei quali di livello nazionale
ed internazionale. Cavaliere della Comunità Poetica Europea e Commendatore
dell’Ordine Militare di S.Andrea, socio di 10 Accademie di lettere, arti e
scienze, ha conseguito per due volte l’Oscar di Letteratura “Romagna”. In sua
memoria, si tiene annualmente un concorso di poesia, elaborati, disegni,
ceramiche, ecc. riservato agli studenti dell’Istituto Comprensivo di
Brisighella, quei giovani in cui Giuseppe riponeva la sua speranza per il
futuro e che credeva fossero la gioia più bella del mondo.
C'è una grande dignità in questi versi e rimpianto
per un passato che resta nella memoria di sempre meno uomini. In questa poesia,
Giuseppe ricorda e rivendica anche per sé la responsabilità di questo nostro
futuro, senza rulli di tamburi, nè squilli di trombe. Non credo fosse stato
questo il suo temperamento. Lo credo piuttosto un uomo pratico e concreto,
pacato nei modi, deciso e rapido nelle scelte. Non dubito che abbia agito per
il meglio nella sua sita politica. I suoi versi. Mi meraviglia che il suo nome
non abbia avuto maggiore risalto, al di là delle onorificenze che ha ottenuto. Forse
a causa di un nome molto comune, le notizie su questo autore scarseggiano,
relegate su dei siti di nicchia, dove abbondano le sue poesie legate alla
resistenza, ma non si fa nessun riferimento, ad esempio, alle sue
pubblicazioni. Invece io credo che l'andamento di quei versi, sia pari a quello
di altri poeti celebrati e riconosciuti, ma non altrettanti puri e puliti come
quelli di Giuseppe.
25 APRILE
L’importante è non rompere lo
stelo
della ginestra che protende
oltre la siepe dei giorni il suo fiore
C’é un fremito antico in noi
che credemmo nella voce del cuore
piantando alberi della libertà
sulle pietre arse e sulle croci
Oggi non osiamo alzare bandiere
alziamo solo stinti medaglieri
ricamati di timide stelle dorate
come il pudore delle primule:
noi che viviamo ancora di leggende
incise sulla pelle umiliata
dalla vigliaccheria degli immemori
Quando fummo nel sole
e la giovinezza fioriva
come il seme nella zolla
sfidammo cantando l’infinito
con un senso dell’Eterno
e con mani colme di storia
consapevoli del prezzo pagato
Sentivamo il domani sulle ferite
e un sogno impalpabile di pace
immenso come il profumo del pane
E sui monti che videro il nostro passo
colmo di lacrime e fatica
non resti dissecato
quel fiore che si nutrì di sangue
e di rugiada in un aprile stupendo
quando il mondo trattenne il respiro
davanti al vento della libertà
portato dai figli della Resistenza.
della ginestra che protende
oltre la siepe dei giorni il suo fiore
C’é un fremito antico in noi
che credemmo nella voce del cuore
piantando alberi della libertà
sulle pietre arse e sulle croci
Oggi non osiamo alzare bandiere
alziamo solo stinti medaglieri
ricamati di timide stelle dorate
come il pudore delle primule:
noi che viviamo ancora di leggende
incise sulla pelle umiliata
dalla vigliaccheria degli immemori
Quando fummo nel sole
e la giovinezza fioriva
come il seme nella zolla
sfidammo cantando l’infinito
con un senso dell’Eterno
e con mani colme di storia
consapevoli del prezzo pagato
Sentivamo il domani sulle ferite
e un sogno impalpabile di pace
immenso come il profumo del pane
E sui monti che videro il nostro passo
colmo di lacrime e fatica
non resti dissecato
quel fiore che si nutrì di sangue
e di rugiada in un aprile stupendo
quando il mondo trattenne il respiro
davanti al vento della libertà
portato dai figli della Resistenza.
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