INEDITI. Un interessante inedito del nunzio Gaetano Cicognani datato
12 aprile 1938. “Avvenire” 11 gennaio 2013
"Data la gravità della situazione prospettata anche nel Rapporto di
Vostra Eccellenza, e confermata da notizie giunte alla Santa Sede da buone
fonti, a riguardo della non piena comprensione che si ha in Austria del
pericolo della diffusione delle idee nazionalsocialiste, il Santo Padre
desidera che Vostra Eccellenza richiami su tale pericolo l’attenzione di chi di
dovere ed Ella stessa vigili attentamente affine [sic] di non trovarsi di
fronte a dolorose sorprese». Così scriveva – eseguendo un ordine di Pio XI – il
segretario di Stato Eugenio Pacelli
in una lettera inviata l’11 febbraio 1937 al nunzio a Vienna, monsignor Gaetano Cicognani, catapultato pochi
mesi prima – dopo 11 anni in Bolivia e in Perù – nell’epicentro della crisi
europea quando l’espansionismo tedesco già aggrediva il destino dell’Austria.
Come andarono poi le cose per il piccolo Stato dalla forte identità cattolica
(a proposito del quale papa Ratti più volte aveva ribadito: «Il mio pensiero è
che l’Austria sia l’Austria») è ben noto: non solo la realizzazione dell’Anschluss,
cioé l’annessione alla Germania nazista, annunciata il 12 marzo 1938 e fatta
suggellare da Hitler il 10 aprile successivo con un plebiscito
nell’indifferenza dell’Europa, ma persino la resa penosa e immediata dei
vescovi austriaci di fronte ai nuovi padroni, ultimo anello di una catena di
iniziative politiche dell’arcivescovo di Vienna, il cardinale Theodor Innitzer,
pronto – dopo aver detto pubblicamente che «un cattolico non poteva essere
nazionalsocialista» – a ringraziare il Führer con tanto di saluto nazista e il
18 marzo 1938 a far firmare ai vescovi (senza che nessuno si opponesse)
un’adesione al nuovo regime. Tutto questo tenendo all’oscuro il nunzio,
obbligato a prendere atto del sostegno a Hitler nel timore di una persecuzione
religiosa. Da qui il conseguente intervento della Santa Sede, inevitabilmente
tardivo ma poi sempre più duro: dalla presa di distanza dall’episcopato
austriaco con tanto di nota ad hoc sull’Osservatore Romano alla convocazione a
Roma di Innitzer, biasimato per le
sue
arrendevoli posizioni. A ricostruire la vicenda, arricchendola di nuovi
dettagli insieme alla pubblicazione di un interessante memorandum inedito del
nunzio Cicognani datato 12 aprile
1938 e indirizzato al cardinale segretario di Stato Pacelli, è ora un saggio in
uscita sul prossimo numero di Nuova Storia Contemporanea con il
titolo «Hilter, il nunzio e il cardinale» a firma di Paolo Valvo, già autore
del volume Dio salvi l’Austria! 1938: il Vaticano e l’Anschluss edito
da Mursia due anni fa. Anche se, descrivendo il suo rapporto con Innitzer nei
vari momenti della crisi, Cicognani – secondo l’interpretazione di Valvo – pare
far derivare l’indulgenza del porporato nei confronti del nazionalsocialismo
più da debolezza psicologica che da convinzioni politiche (e i connotati di un
dramma personale e collettivo sono qui riassunti in una frase attribuita da Cicognani al vescovo di Graz, Ferdinand
Pawlikowski, da sempre vicino agli Asburgo: «Non vi era nulla a fare, siamo dei
vinti, coacti
fuimus»), né l’immagine del porporato dalla «costante incertezza di
criterio» con i suoi vescovi «depressi e abbattuti», né gli aggettivi che via
via appaiono nel memoriale a dipingere Innitzer «rassegnato», «depresso»,
«sfiduciato» e in ogni caso destinato subito a soccombere nella morsa dei
nazisti (che alternano continuamente promesse e minacce, pressioni e
isolamento) aiutano a dimenticare quella che resta una delle più brutte pagine
nella storia dell’episcopato austriaco. Né aiuta a farlo la stessa immagine di
Innitzer che, chiamato a riferire del suo operato a Pio XI, il 6 aprile 1938,
per ben due volte in poche ore, dopo aver confermato al nunzio la volontà di
partire per Roma, ritornò sui suoi passi, per le pressioni esercitate del
Gauleiter Bürckel, mostrandosi ancor titubante alla partenza del treno (quando
ricevette un telegramma da parte di Hitler che voleva incontrarlo, poi una
telefonata di Bürckell) e infine lasciandosi convincere da Cicognani e dal
nunzio a Berlino Cesare Orsenigo ad obbedire subito al Papa. Nei mesi
successivi però, occorre prendere atto che vescovi austriaci – Innitzer in
testa – avrebbero ammesso i loro gravi errori passando da atteggiamenti di
adesione (per debolezza o per convinzione che si voglia) a manifestazioni di
delusione se non di ostilità. Tra i documenti dell’episcopato ricevuti da
Orsenigo, si trova anche una dura lettera di Innitzer a Bürckel del 10
settembre 1938 nella quale l’arcivescovo di Vienna denunciava inganni e
strumentalizzazioni di cui i vescovi erano stati fatti oggetto da parte
nazista, ammettendo di aver sbagliato a dar credito alla buona fede del nuovo
governo, a fronte di infinite vessazioni inflitte alla Chiesa. Innitzer
ribatteva alle insinuazioni di una precedente lettera di Bürckel, il quale
aveva attaccato il Papa per aver costretto Innitzer a ritrattare le sue
posizioni. Ma forse la maggior prova di riscatto dell’arcivescovo di Vienna sta
nel suo discorso pronunciato il 6 ottobre 1938, quando dal pulpito della
cattedrale cercò – come scrive Emma Fattorini nel suo Pio XI, Hitler e
Mussolini edito cinque anni fa da Einaudi – «di galvanizzare il
senso di appartenenza dei cattolici austriaci, appellandosi alla loro identità
confessionale contro i nazionalsocialisti». Immediata e brutale la loro
reazione che trasformò Vienna in un teatro di violenza antireligiosa. I nazisti
assaltarono anche il vescovado al grido «Ammazzate Innitzer!». Aggredito e
percosso, il porporato rischiò veramente la morte. «Povero cardinale Innitzer,
lo compatisco! Mi fa proprio pena! Con quale moneta lo ripagano», confidò Pio
XI a Tardini dopo aver appreso la notizia, non senza avergli prima ordinato di
far «sapere al mondo che anche l’arcivescovo di Vienna è ormai contro il
nazismo». E in un’udienza del giorno precedente, commentando un rapporto di
Orsenigo sulla stessa predica del 6 ottobre, sempre Pio XI, che non aveva certo
rimosso il caloroso saluto con cui Innitzer mesi prima aveva accolto il
Führer, diceva: «Questo cardinale è stato sempre ripetutamente infelice! Prima
Heil Hitler e poi...».Marco Roncalli
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