Imola Oggi - Per l’occasione sarà presentata la sua
biografia: “osare e morire” , Carta Bianca Editore , Faenza. Oltre all’autore,
Enzio Strada, parteciperanno il
Prof. Leardo Mascanzoni della
Università di Bologna, lo scrittore Paolo Cortesi
, il Vicesindaco di Ravenna, Giannantonio Minguzzi.
Questi si che erano ITALIANI!
All’alba del 14 maggio 1855 in cima al patibolo, gridò forte Saprò
morire”. “Viva la Repubblica, Viva l’Italia”.
Giovanni Pianori detto il Brisighellino è stato vittima di un
“maledetto imbroglio ” i cui maggiori reponsabili sono stati il Governo
Francese di Napoleone III e il Governo Pontificio di Pio IX e del suo
Segretario di Stato, il Cardinale Antonelli. Essi hanno sulla coscienza la
rovina di ben otto fratelli PIANORI perseguitati a morte per il loro impegno a
favore di un’Italia Libera, Unita, Indipendente e Repubblicana: Giovanni fu
ghigliottinato a Parigi il 14 maggio 1855, Senesio ed Alessio sono finiti alla
Caienna, Pompeo fu costretto all’esilio, Olinto, Giuseppe, Attilio, Ireneo
parimenti rovinati.
Se i documenti riguardanti questi patrioti romagnoli non fossero stati
(anche deliberatamente) occultati negli Archivi francesi e vaticani, sui nostri
libri di storia, accanto ai fratelli Attilio ed Emilio Bandiera, non sarebbe
mancata la Storia dei Pianori. Enzio Strada ha impiegato quasi una vita per
setacciare Archivi di mezza Europa e mettere insieme tutte le tessere del
mosaico. Il dossier “Pianori” da lui rintracciato presso l’Archivio Segreto
Vaticano è stato risolutivo per la ricostruzione di questa incredibile vicenda
conosciuta in Francia, in Gran Bretagna, negli Stati Uniti, perfino in
Australia e NON DA NOI: la sua terra.
Chi era, in sintesi, Giovanni Pianori e cosa ha fatto per l’Italia?
Egli nel 1848 partecipò alla Prima Guerra di Indipendenza, nel 1849,
combatté con Garibaldi a Roma in difesa della Repubblica Romana distrutta dalle
armate francesi di Napoleone III. Fervente repubblicano e costretto all’esilio,
sabato 28 aprile 1855, alla vigilia dell’inaugurazione dell’EXPO di Parigi, egli sparò due colpi di pistola (andati a
vuoto) contro Napoleone III che, a cavallo, percorreva i Campi Elisi. Pianori
si era fatto strumento di un piano ideato a Londra proprio da Mazzini secondo
cui la scomparsa dell’Imperatore sarebbe stata la scintilla di un moto da cui
sarebbe scaturita la nostra Unità Nazionale. Immediatamente arrestato, Giovanni
motivò politicamente il suo gesto: ” Napoleone aveva distrutto la Repubblica
Romana e aveva rovinato l’Italia”.
Lunedì 7 maggio, il Brisighellino subì un processo sommario e fu
condannato alla pena dei “parricidi”: morte mediante ghigliottina. Le Autorità di Governo gli promisero salva la
vita se avesse fatto il nome dei complici. Pianori non tradì nessuno; si limitò
a dire: “Saprò morire”. Quando all’alba di lunedì 14 maggio 1855 fu in cima al
patibolo, gridò forte “Viva la Repubblica, Viva l’Italia”. Il gesto di Pianori
ebbe enorme ripercussione in tutta Europa (e non solo) per le sue conseguenze;
ad esempio, Napoleone III rinunciò al suo viaggio in Crimea, rinviò
l’inaugurazione dell’EXPO, attuò una
politica finalmente più favorevole all’Unità d’Italia.
Mazzini rese, da subito, omaggio alla memoria di Pianori con parole che
egli non aveva mai usato per nessuno: il Brisighellino era stato capace di
“osare e morire” ed aveva reso un “servigio alla Patria”.
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