L'ambizione non gli ha mai difettato; e così, dopo il ciclo fantasy-thriller
a nome Vincent Mallory e la ric0onversione al romanzo storica con Un padre in
esilio e L'ora delle lepre, il brisighellese Vincenzo Malavolti si misura con
un «romanza-inchiesta» (ibrido quanto mai opportuno) dedicato nientemeno che a gli
anni sconosciuti di Gesù. Il libro (120 pagine, Risguardi) nasce dal bisogno di
un «ex credente» - come Malavolti si dichiara a più riprese -di indagare quel
«Profondo amore e rispetto per la figura di Gesù il Nazareno» rimasto in lui
anche dopo l'abbandono della fede. Data la delicatezza del tema, Malavolti apre
con una prefazione che introduce l'ipotesi secondo cui la ventina d'anni che
separava la fanciullezza di Gesù dalla sua predicazione (raccontata poi nei
Vangeli) sia stata trascorsa dal Nazareno in Oriente, dove sarebbe entrato in
contatto con buddhismo, zoroastrismo e brahmanesimo. Il racconto inevitabilmente
romanzato che segue, benchè basato su ricerche e testi come La vita sconosciuta
dì Gesù\ Nicolas Notovich del 1887, oltre a fonti e leggende asiatiche,
immagina un Gesù animato da grande intelligenza e curiosità, nonché da un
istinto ecumenico che gli fa confrontare il proprio credo col pensiero
religioso orientale. Le rivoluzionarie predicazioni di Gesù al ritorno in
Palestina, «Così lontane dallo spirito di cui è intriso l'Antico Testamento»
sottolinea Malavolti, avrebbero preso forma da questi confronti, che cercano di
superare le rigidità presenti in tante religioni. Ed è soprattutto questo
aspetto ~ quella cioè dell'arricchente curiosità fra culture lontane - a
interessare Malavolti, rendendo il suo lavoro appetibile al di là di
un'indagine storica che scandaglia numerose fonti ma si muove inevitabilmente
su un terreno incerto (l'ultima parte, resoconto di un viaggio dell'autore nel
Kashmir, considera l'ipotesi che Gesù non sia morto in croce, compatibile con
le interpretazioni coraniche, e quella, più documentata sulla nascita di Gesù prima del convenzionale
anno zero), il libro tocca grandi questioni ma con un certo garbo («Non faccio
mai parlare Gesù nel romanzo, non mi sono permesso di mettergli parole in
bocca» precisa l'autore), avanzando molte ipotesi e poche certezze, allo scopo
di allargare i confini della riflessione su Gesù di Nazareth anziché specularla
sul sensazionalismo. «Ed è soprattutto ai credenti che lo consiglio, penso che
una prospettiva storica su queste fondanti vicende religiose sia un compendio
utile». (f.sav.)
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