Un ristoratore di Ravenna
ha invitato a pranzo 23 persone indigenti, ma scelte accuratamente solo fra gli
italiani. Respingendo le accuse di razzismo
Un ristoratore di Punta Marina invita a pranzo
23 indigenti il giorno di Natale. Scritta così, in due righe fredde e
distaccate, la notizia potrebbe quasi finire tra i gesti di bontà che il Natale
ancora regala. Invece non è così, perché ciò che ha fatto la famiglia Moriconi
(ramo ristorazione, mentre i cugini hanno uno dei più noti frutta e verdura in
zona) offre uno spaccato della crisi e dei segni sulla pelle di chi la vive. Una
crisi che avvicina a strutture di accoglienza protagonisti inaspettati. Non più
solo extracomunitari o barboni, ma anche tanti anziani ravennati che con i loro
pochi soldi aiutano un figlio disoccupato a mantenere la famiglia, operai e
impiegati senza lavoro e col mutuo da pagare, un imprenditore che aveva
a busta paga oltre dieci dipendenti e ora non sa come fare a mettere insieme il
pranzo con la cena per la famiglia e deve affrontare una serie di beghe
finanziarie. Storie ordinarie di un’Italia in crisi nera: Marco
Moriconi, con i figli Eleonora ed Ennio, ha voluto regalare ai protagonisti di
queste vicende alcune ore di serenità invitandoli il giorno di Natale a pranzo
nella sua osteria di Punta Marina. «Ne ho parlato una sera con alcuni amici che
erano a cena nel mio locale. Abbiamo pensato di rivolgerci a un’associazione
caritatevole ed ecco che è partita l’organizzazione» racconta Moriconi. «Ho
chiesto, però, che mi mandassero famiglie italiane – aggiunge – ben
sapendo che qualcuno avrebbe anche potuto darmi del razzista. Non lo sono per
niente e so benissimo cosa significa aiutare il prossimo. C’è un dato: la crisi
sta producendo effetti devastanti sugli italiani delle classi più basse e della
ex classe media, che non hanno strumenti a cui appellarsi per un aiuto. Non
saranno mai primi nelle graduatorie delle case popolari, non hanno
diarie giornaliere...». Le famiglie invitate all’osteria Moriconi sono anziani,
padri e madri con bambini, persone sole. Hanno mangiato spaghetti al ragù,
grigliata mista di carne, cotechino, patate, dolce. «Tutte queste persone non
hanno diritto a un aiuto? Io ho trascorso l’infanzia in collegio – aggiunge
Moriconi –, ho conosciuto la solitudine, la sofferenza e la povertà. Oggi, che
vivo certamente meglio di allora, voglio aiutare gli italiani che conoscono ora
la stessa disperazione. Il razzismo è un’altra cosa: ci sono tanti italiani
che soffrono e non sanno come fare. E’ un fenomeno sociale». Spazio alla
commozione. «I miei camerieri, oltre agli ospiti, sono quelli che più si
sono commossi. Di solito non vedono persone che si emozionano perché gli
servono un primo o un dolce. I miei ragazzi sapevano di aver fatto una grande
cosa. Questi italiani, oggi indigenti, hanno pagato le tasse, contratto mutui e
fatto girare l’economia di questo Paese, il loro Paese. Chi se ne prende cura
oggi? Parlare di razzismo significa nascondere una drammatica realtà»
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